Perchè questo blog

La scelta definitiva dell’adesione italiana alla moneta unica europea venne presa in un momento imprecisato della fine del 1998 e passò quasi sotto silenzio.

Egualmente sconosciuto all’opinione pubblica fu il secondo aspetto che la caratterizzò (e che tuttora persiste nell’acceso dibattito sull’euro) e cioè la mancata illustrazione dei criteri ispiratori e delle modalità tecniche della sua applicazione.

Questo blog vuole colmare questo vuoto facendo luce su uno dei più importanti eventi italiani nei settant’anni trascorsi dalla fine della seconda guerra mondiale.

Evento comunque molto singolare perché, a livello pubblico, la conversione della lira in euro né all’inizio, né successivamente, riuscì a provocare alcuna adeguata analisi di merito.

Eppure, l’entrata in vigore dell’euro, come è diffusa e comune ammissione, sia degli assertori come dei detrattori dell’euro, ha influenzato grandemente l’economia italiana ed europea degli ultimi tre lustri.


Il tema

Al di là del dibattito sulla validità intrinseca della scelta operata, non sembra che la conversione della lira con l’euro, abbia mai riguardato le modalità specifiche della conversione, indipendentemente da quali siano stati i pareri favorevoli o no, allora all'adesione, ed ora a conservare o abbandonare la moneta unica.

Nel dibattito che attraversa ormai tutti i paesi dell’Unione, appartenenti o meno alla zona euro, prosegue infatti il silenzio sui criteri che ispirarono il meccanismo per la conversione delle monete nazionali, cioè la determinazione del loro valore in rapporto alla nuova moneta designata a sostituirle.

E’ facile intuire che tale valore, comunque difficilissimo da calcolare, se scaturito da criteri tecnici manifestamente infondati o comunque erronei, non poteva che comportare proporzionali danni nella fase immediatamente successiva al momento dell’entrata in vigore della moneta unica.

Immediatamente, si è detto, ma non solo, perché le conseguenze, se non intervengono modifiche all’accordo di conversione, sono fatalmente destinate a crescere in progressione geometrica.

Una sorta di anatocismo da conversione della moneta o delle monete, rimaste vittima di una loro sottovalutazione, ed un corrispondente vantaggio di quella o quelle altre che siano invece risultate sopravvalutate.


Il nostro obiettivo

Lo scopo di questa iniziativa nasce appunto da queste semplici riflessioni e dalla dimostrazione che esse si sono esattamente verificate, almeno per quanto riguarda la fattispecie della lira italiana.

A tal fine verranno proposti, avulsi da ogni (almeno) cosciente spirito di parte, tutti gli argomenti, anzitutto quantitativi (pochi ma essenziali) ma anche economici, che metteranno in luce la gravità degli errori commessi proprio al momento della conversione della lira in euro.

Ma parallelamente si inviteranno i lettori a contribuire ed a chiarire, in sede di responsabilità politica, se i criteri applicati nella conversione della lira in euro, da parte italiana, siano stati capiti, condivisi e scelti consapevolmente.

O, viceversa, se essi siano stati subiti oppure debbano considerarsi relegati nell’archivio, già assai affollato nel nostro paese, della categoria degli “Arcana Imperii”, che il destino copre per sempre o rivela troppo tardi, quando ormai i loro effetti si sono irrimediabilmente dispiegati.


Come fu calcolata la conversione

La decisione formale con cui dodici paesi europei, Italia compresa, diedero vita alla moneta unica, non ha una data né una sede ufficiale, ma è presumibilmente collocabile alla fine di dicembre del 1998.

A quest’ultima data si riferisce infatti il coefficiente monetario adottato per il calcolo della conversione della lira con l’euro.

Detto coefficiente fu stabilito sulla base dei listini di cambio italo tedeschi (lira italiana / marco tedesco) influenzati essenzialmente dalle reciproche operazioni di import/export.

Essenzialmente, ma non esclusivamente, essendo detti listini  influenzati anche dai cambi concordati per pure transazioni monetarie.

Il valore della lira in rapporto al marco (determinato dai citati listini) risultava alla fine decisa (ed applicata immediatamente nelle transazioni internazionali)  nel dicembre del 1998 nella proporzione seguente: 1 marco = 990 lire, e proprio questa fu la proporzione applicata definitivamente tre anni dopo in tutte le transazioni del mercato interno.

Poiché il rapporto fra euro e marco era stato precedentemente fissato nella proporzione 1 euro = 1,95583 marchi, si determinò di conseguenza il valore di conversione per la lira pari 1 euro = 1936,27 lire (ottenuto moltiplicando 990 lire per 1,95583).

Fu stabilito inoltre (come già accennato) di utilizzare esclusivamente tali tassi di cambio per tutte le monete aderenti e per tutte le operazioni commerciali e monetarie reciproche per tutto il triennio 1999-2001, per poi dare inizio alla circolazione della nuova moneta nei mercati a partire dal 1 gennaio 2002.


L'errore (o arbitrio) commesso

La fusione di una moneta con un'altra (e ancor più nel caso di fusione di undici monete) non può scaturire dall'applicazione del coefficiente, ad una certa data, del reciproco valore di cambio delle due monete interessate dal rispettivo import/export.

Quest'ultimo infatti registra solo i valori di carattere continuativamente variabile, in quanto influenzati da operazioni speculative, connaturali alle operazioni di import export.

Esso costituisce comunque una parte molto limitata dei movimenti di massa monetaria rappresentativi del potere d'acquisto che caratterizza un paese ricco e delle nostre dimensioni.

L'equazione generalmente accettata che registra il sistema generale dei prezzi delle merci e della moneta (autore: Irving Fisher, docente nella prima metà del XX secolo a Yale  USa, fondatore dell'econometria) risulta chiaramente dai seguenti parametri: PQ = MV dove P rappresenta i prezzi, Q la massa dei beni vendibili, M la massa monetaria complessiva in circolazione e V la velocità di circolazione (uguale ad 1 in un determinato istante).

Questa equazione, nella conversione della lira, fu completamente ignorata.

Nel caso specifico, è doveroso osservare che, negli anni precedenti, la lira era stata sottoposta ad almeno due svalutazioni “competitive” che riguardavano ovviamente solo gli scambi commerciali dei due paesi, senza alcun riverbero sul mercato interno.

Nel contempo la Germania operava l'assorbimento, con crescendo molto graduale, del marco orientale in un rapporto paritario col marco occidentale: mentre è noto che il rapporto reale indicava 2 marchi (Germania orientale) = 1 marco (Germania occidentale) senza apparenti sussulti sul mercato monetario mondiale.

In tale quadro, ogni comparazione di valore medio delle due monete lira e marco non poteva prescindere dalla ponderazione della quantità di moneta circolante, sia delle lire come dei marchi: la cui risultante doveva quindi fatalmente influenzare il rapporto finale delle due monete e quindi la conversione.

Si è cioè operato come se a fine dicembre 1998 tutto il mercato italiano fosse commisurabile al marco tedesco calcolato per le operazioni import/ export dello stesso giorno, quando il marco risultò, in assoluto, più alto che in precedenza.

Appare dunque evidente che il meccanismo di conversione lira-euro – con il taglio conseguente del potere d'acquisto della moneta italiana – non regge storicamente sia sul piano dottrinale sia per gli iniqui effetti conseguenti, di ammontare incalcolabile.

Effetti continuativi, soprattutto, ed il nostro paese ne risentì allora e ne soffre tuttora: anche perché in prosieguo ci fu l'effetto aggiuntivo dell'applicazione dei vincoli di Maastricht, in vigore già precedentemente e,in fase successiva, del "fiscal compact".

L'accordo di conversione, in conclusione, fu oggettivamente un patto leonino.


E adesso?

Le considerazioni menzionate e in generale la ricognizione sulla genesi della conversione sono relativamente recenti, imposte dal costante declino del sistema economico italiano nel suo complesso.

Ciò ha prodotto crescenti reazioni caratterizzate prevalentemente da stati emotivi ed ha conseguentemente provocato indubbie divisioni politiche.

Si è quindi determinata una divisione sempre più netta fra detrattori e fautori dell’euro, fra cui si annoverano esponenti politici ed autorevoli economisti, con validissimi argomenti e numerosi saggi scritti in appoggio alle opposte tesi o tentando di contemperarle.

Tutti i cittadini di fronte a un tema sensibile come quello monetario ne sono rimasti fatalmente contagiati e noi fra questi.

Nell'ascolto delle molteplici e variegate opinioni è sembrato tuttavia sorprendente che i fautori delle diverse tesi in campo, fra cui gli stessi autori di monografie sul tema della moneta unica, non si premurassero minimamente di indugiare sui criteri con cui si era proceduto concretamente al calcolo della conversione della nostra lira.

Sulla base di tale constatazione ci siamo gradualmente impegnati a diffondere questi temi, ad esporre idonei interrogativi, ad analizzare i criteri e i meccanismi di conversione utilizzati (che sono poi risultati così sfavorevoli alla lira) ed a denunciare le rovinose conseguenze di quella scelta e tuttora perduranti nella nostra economia.

Ed a tentare di ipotizzare possibili nuovi scenari.