E' trascorso un anno dalle ultime elezioni europee (26 maggio 2019) e sono accadute molte novità nel nostro paese, in Europa e nel mondo.
La principale, purtroppo, è notoriamente quella che ha segnato e continuerà a segnare, un arresto o un peggioramento, parziale o totale, di tutte le vicende in fieri all'interno delle nazioni ed in quelle che chiamiamo le dinamiche dei rapporti internazionali.
Cioè l'irrompere dell'epidemia di un morbo di cui anche la scienza medica mondiale ha di fatto ammesso di non saperne dire più di tanto ed il cui vaccino per contrastarlo tutti auspichiamo possa essere realizzato quanto più presto possibile.
Quasi all'unanimità il virus di questa epidemia, meglio pandemia, è stato catalogato come un nemico invisibile che colpisce indiscriminatamente gli uomini e le donne, con effetti mortali se si trova ad aggredire esseri umani particolarmente vulnerabili, soprattutto avanti cogli anni e con patologie pregresse.
Se, da tale raffigurazione, sia legittimo dedurre di trovarci in stato di guerra, non ci sentiremmo in grado di contestare, se non altro per rafforzare la premessa di una comune (non solo europea) intenzione di contrastarla, con l'unione delle tantissime forze disponibili ad affrontare tale cimento.
Con una riflessione, tuttavia, aggiuntiva ma necessaria perché in grado di convalidare la richiesta di revisione critica della storia dell'unità europea, le cui insufficienze non solo rappresentano l'indebolimento dell'ideale unitario ma ancor più la cancellazione delle premesse politiche che ne erano il presupposto.
Cioè la reviviscenza delle forze politiche ideologicamente improntate al socialismo riformista, così come coerentemente identificate dal testo del Manifesto di Ventotene, cioè il documento che marca storicamente la nascita riconosciuta degli Stati Uniti d'Europa e soprattutto nella loro cornice federalista.
E' superfluo sottolineare che, almeno teoricamente, un tale quadro politico, ove fosse stato coerentemente perseguito, avrebbe forse predeterminato una situazione politica complessiva più idonea alla difesa dall'aggressione del coronavirus e, se non alla sua insorgenza, certamente a ostacolare l'ampiezza della sua diffusione.
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