mercoledì 18 ottobre 2017

Matteo come Sansone, il demolitore cieco

Era scritto nelle stelle e Matteo Renzi lo aveva già anticipato.nel racconto autobiografico della sua vicenda politica.

Appena salito sul treno per il suo percorso elettorale nel paese, l'ex premier, con premeditazione, ha scelto di inaugurare l'evento, con una mozione di sfiducia parlamentare sull'operato del Governatore Visco di Bankitalia, assumendone la responsabilità come segretario del Partito democratico.

Sul convoglio delle numerose carrozze, alla guida del foltissimo staff dei suoi collaboratori, si è sentito nuovamente forte ed ha acceso le micce.

Come Sansone, accecato dai filistei e ricondotto da costoro nel tempio, accortosi della ricrescita dei capelli, fonte della sua smisurata potenza, in precedenza proditoriamente tagliati dall'amante Dalila, decide la distruzione del tempio incurante di trovarvisi lui stesso, anche Renzi è incappato nella stessa fascinazione, restandone preda.

Come tutti i giocatori d'azzardo, nei momenti propizi, Renzi, da tempo in verità, ha interpretato il concorso delle circostanze felici come creazione della propria genialità, quindi ripetibile. 

Poco consapevole della sua cecità politica, ha giocato i suoi rapporti con tutti in un colpo solo, il Presidente della Repubblica, il Governo (o più precisamente il suo ex Governo), la neo commissione parlamentare per le banche, tutta l'opposizione, Bankitalia, gran parte del mondo mediatico e forse (speriamo) anche qualche residua testa pensante della sua direzione.

Ma soprattutto ha intrinsecamente accusato sé stesso, perché nei circa quattro anni del suo potere, aveva tutti i consensi della stessa pubblica opinione, e gli strumenti minimi necessari per provvedere alla ristrutturazione, o quanto meno alla diagnosi precisa, di gran parte del mondo finanziario nazionale ed internazionale.

Proprio con l'Europa è infatti mancato, fin dall'inizio, ogni sua acribia nel discernimento di quelli che sono i rapporti di subalternità, istituzionale, politico ed economico, di cui cui soffre l'Italia e che fanno dell'Unione europea l'antitesi di ogni concezione federale. 

La cui denuncia politica, a lui come a grandissima parte del mondo che lo ha coadiuvato, per incapacità d'analisi o per insufficienza di coraggio, è assolutamente mancata. 

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