domenica 22 ottobre 2017

Classe politica e cittadini: divorzio per incapacità di comunicazione

Dispiace ed assai preoccupa, ma il tacerlo, essendone convinti, sarebbe ancor di più riprovevole.

Ciò che accade in questi caotici giorni dello scontro generale su Bankitalia, innescato dalla mozione del Pd, è il ritratto impietoso di una scomposta classe politica, maggioranza ed opposizione, ormai deprivata di ogni punto di orientamento.

Solo gli interventi mediatici - giornali e tv - rappezzano alla bell'è meglio la contraddittorietà delle dichiarazioni di (quasi) tutti gli esponenti politici che, tentati dalle vulnerabilità altrui (o costretti a difendersi, per loro precedenti responsabilità), si cimentano nel tentativo di riportare chiarezza, ma di fatto accrescono la confusione complessiva.
       
Sorge anzi il sospetto che l'aumento del disordine sia funzionale alla stanchezza dell'opinione pubblica, fino a favorire una modalità, del tutto inelegante, di uscita dalle difficoltà per i contendenti, ma ovviamente del tutto inidonea al superamento dei numerosi punti critici in campo, sia politicamente come psicologicamente.

E' verosimile, ad esempio, che questo sia il mastice dell'ostentato ripristino del dialogo fra Renzi e Gentiloni, ed ancor più di quest'ultimo con la sua sottosegretaria Maria Elena Boschi, cui nessuno crede ma che gli interessati gabellano come autentico e necessario e i loro avversari come apice di  somma (ed evidente) ipocrisia.

Le ultime vicende sono l'esasperata ma naturale conseguenza di decenni di scelte di convenienza sempre più declinate, nelle convergenze come nei contrasti, con il fine esclusivo dell'accrescimento di potere del partito (e tendenzialmente del rispettivo leader), nella graduale obliterazione di ogni rispettiva implicazione strategica ed ideologia politica.

Nell'ultimo ventennio, tuttavia, questo processo di regressione ideologica ha subito risvolti assai più gravi, per la fondamentale inavvertenza delle rappresentanze politiche nazionali del delicatissimo contesto in cui esso si collocava, l'ideale appunto dell'unione politica europea.

Ideale che, istituzionalmente, si rivela nettamente agli antipodi dei presupposti federativi della sua concezione originale e, sul piano economico, ha adottato una moneta unica che, per gli inaccettabili criteri della sua realizzazione, è il fomite essenziale della crescente disparità economica dei paesi aderenti. 

Dalla concezione degli Stati Uniti d'Europa, siamo approdati all'Europa delle subalternità: sostanzialmente più feudale che federalista. 

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