Il mondo giornalistico, con riverberi nella sfera più ampia dell'universo mediatico, ha registrato, nel breve giro delle trascorse due settimane, almeno tre eventi di grande interesse economico e di portata politica internazionale.
Assai distinti nei rispettivi contenuti, come nei protagonisti che li hanno posti in essere, i tre eventi investono direttamente il nostro paese con alcuni ineludibili interrogativi a cui non possono corrispondere che risposte delle istituzioni nazionali.
In ordine di tempo, il primo dei tre eventi è rappresentato da un accordo nel settore metalmeccanico del land tedesco Baden-Wuertenberg (capoluogo Stoccarda), fra le organizzazioni dei datori di lavoro ed il sindacato tedesco dell'Ig Metal.
Un accordo rappresentato da una riduzione, senza diminuzione salariale alcuna, delle 35 ore settimanali attualmente in vigore ad un nuovo orario di 28 ore, pari percentualmente, ad una diminuzione netta di orario del 20 %.
Il patto contempla la facoltà aggiuntiva al singolo lavoratore di rifiutare tale riduzione d'orario e di scegliere alternativamente, in sua vece, un congruo aumento retributivo: un fattore, salvo errore, di novità assoluta che rende legittimo il definire tale intesa come un capitolo nuovo nella storia internazionale delle relazioni industriali.
La vicenda successiva è coincisa con l'imprevista vendita di "Italo", la rete ferroviaria privata italiana dell'alta velocità, proprio in concomitanza con l'imminente (ed auspicato) suo ingresso nella borsa valori italiana ma che sorprende essenzialmente per il prezzo con cui, secondo i dati pubblicizzati, la cessione è stata formalizzata con l'americana Global Infrastructure Partners.
Questo ricco (40 miliardi di dollari di Patrimonio) e prestigioso (21 mila dipendenti) fondo americano per ingenti investimenti finalizzati alla grande mobilità, ha infatti offerto per l'acquisto di "Italo" una somma di 2 miliardi e 470 milioni, ivi inclusi circa 480 milioni di debiti pregressi verso fornitori tuttora non pagati.
Il prezzo ha consentito al gruppo dei soci privati rappresentato da Luca Cordero di Montezemolo di incassare il doppio di tutte le spese di investimento e le perdite generate nella fase di avviamento: ce ne informa specificamente Corsera, nei giorni seguenti all'accordo.
E' tuttora in corso una terza vicenda che coglie una piattaforma mobile marina dell'Eni, la "Saipem 12.000", già titolare dei diritti estrattivi del gas sottostante ad una parte di mare sottostante l'isola di Cipro.
L'inizio operativo della Saipem 12.000, è stata improvvisamente impedito dal governo turco, con l'eloquenza efficace della sua flotta militare inviata nelle immediate vicinanze ed incaricata di intervenire per impedirne ogni eventuale iniziativa.
Più dell'attività della piattaforma mobile dell'Eni, è tuttavia l'accertata ampiezza di enormi riserve di gas sottomarino, in tutta la vasta zona del mare che ha come epicentro l'isola di Cipro, che ha determinato le prese di posizione vecchio stile del governo di .Ankara.
La situazione apre così una vertenza, con un numero imprecisabile di stati potenzialmente interessati al giacimento di incalcolabile valore di cui la Turchia non intende certo lasciar come primo appannaggio ad una impresa italiana: il cui governo di riferimento non è presumibilmente valutato autonomamente in grado di respingere l'interdizione della flotta militare turca.
La passività od il semplice silenzio o comunque ogni mancata reazione, potrebbero rappresentare, internazionalmente, la conferma di uno stato di inesistenza di diritti primari: quali potrebbero essere rivendicati dalla greca di Cipro, che ha conferito il benestare all'operazione, e dalla stessa Eni che non ne pretende l'esecuzione: un classico ritorno alle grandi (e tragiche) vertenze che hanno costellato la storia europea e mediterranea.
Orbene, per concludere, nel quadro delle tre (recentissime) vicende appena ricordate, l'Italia non appare consapevole della immagine sua di, passata e presente, acclarata sua debolezza.
Nella vicenda del contratto sindacale del land del Baden - Wuertenberg, è quasi automatico la riaffermata superiorità delle politiche retributive della classi lavoratrici tedesche, non solo del settore metalmeccanico, rispetto alle omologhe italiane, a dispetto del tante volte sottolineato rango di seconda nazione metalmeccanica europea.
Vera o falsa che sia tale graduatoria, è comunque certo che le differenze attuali tra le condizioni economiche e contrattuali, non possano trovare altra fondamentale spiegazione che l'errore commesso nella conversione monetaria per la transizione alla moneta unica, con i grandi margini di vantaggio concesso al marco e specularmente, ma con segno rovesciato, a detrimento della lira.
Più difficile capacitarsi dell'offerta del fondo americano, se non una maggiore permeabilità (cioè una intrinseca nostra debolezza) del nostro sistema paese e di una particolare convenienza dei gruppi internazionali finanziariamente robusti a fare shopping nel nostro paese.
Cioè ad intraprendere, iniziando dall'Italia, una politica del trasporto pubblico guidata da oltre Atlantico nella certezza dell'intrinseca permeabilità dei nostri apparati istituzionali.
Ammessa, ma non concessa, la credibilità dell'ottimo affare realizzato dai soci della proprietà di "Italo", sarebbe interessante, off records, sapere qualcosa circa la tassabilità della plus valenza (1 miliardo e 200 milioni circa).
Nella terza vicenda, emerge un interrogativo specifico: possiamo davvero credere che il Capo del Governo turco, avrebbe rischiato di assumere atteggiamenti minacciosi simili a quelli usati nel caso della piattaforma Eni, con Inghilterra, Francia o Germania?
Le quali a loro volta, quale atteggiamento assunsero nel caso libico, quando decisero, senza preventivamente interpellarci, l'annichilimento immediato del governo Gheddafi?
Possiamo continuare a parlare di una Unione europea in termini di parità solidale, presente o futura, degli Stati che ne fanno parte?
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