domenica 23 dicembre 2018

L'immenso arco (italo europeo) di carenze dottrinali e di errori economici

I presupposti del corso politico aperto dalle elezioni politiche del 4 marzo, non avevano ampiezza di prospettive feconde.

L'unica ipotesi emersa di una maggioranza parlamentare per dare vita al governo - la coalizione di due formazioni politiche  (Lega e M5s) ideologicamente antitetiche - fruiva tuttavia di una opportunità particolare.

Cioè una impostazione staccata da dirette responsabilità per le macroscopiche violazioni ideologiche compiute dalla generalizzata miopia europea, nel corso del tempo: sul piano istituzionale con la cancellazione del progetto federalista e, sul piano economico, con gli incomprensibili errori del meccanismo di conversione delle rispettive monete nell'euro.

Violazioni ed errori di cui, ancora una volta,  si è omesso di identificare le cause e  diagnosticare i motivi di crescente fragilità dell'edificio istituzionale europeo.

L'irrompere, già consumato nelle elezioni del 2013 di forze parlamentari nuove (i pentastellati) ed il loro consolidarsi come forza primaria dell'arco parlamentare emerso quest'anno, hanno infatti provocato l'illusione di una prorompente egemonia a portata di mano.

I 5 stelle hanno interpretato la loro vittoria elettorale per loro forza intrinseca, ideologica ed organizzativa.

E' viceversa loro sfuggito il sentimento di ripudio incontrollabile dell'elettorato nei confronti della vecchia classe dirigente, di destra e di sinistra, e la scelta impulsiva, di milioni di cittadini, di rendere evidente il dissenso. 

I dirigenti del movimento 5 stelle (Di Maio) e congiuntamente quelli della vecchia Lega
Nord (Salvini) - ora senza limiti di matrice geografica - sono rimaste vittime della loro supponenza, essa stessa sintomo della loro immaturità.

Hanno ritenuto che i giudizi senza appello, martellati e ribaditi con scomposto linguaggio, rivolti alle formazioni politiche concorrenti, fossero altrettanto efficaci e vincenti nei confronti degli organismi europei, quasi parallelamente alla risposta degli elettori italiani nelle urne.

Hanno giudicato senza chiarire presupposti minimi cui ricondurre critiche istituzionali ed appropriate analisi in materia economica e finanziaria, di cui peraltro nutrono scarsa familiarità.

Con talune eccezioni, tuttavia, come, "rara avis", le norme limitative dell'istituto della prescrizione, uno dei pochissimi punti effettivamente realizzati, al posto dei tantissimi, intensamente evocati, attinti nel vasto bagaglio della propaganda e tali rimasti.

Appare ormai riconoscibile l'insufficienza di un percorso inidoneo a legittimare continuità di alleanza, tra leghisti e 5 stelle, con l'esclusivo ma venefico collante della conservazione del potere.

Cioè a rifarsi ad una ben nota tradizione della nostra storia, con la fatale conseguenza, per la comunità italiana, di essere gradualmente retrocessa al rango inferiore di paese di servizio.

Ben nota conseguenza, consistita nell'allontanarsi sempre più dai due punti centrali della crisi italiana ed insieme europea.

Facilmente riconoscibili nel tradimento del Manifesto di Ventotene, cioè del suo cuore federalista, di per sé unico antidoto allo spettro infausto della cancellazione delle sovranità nazionali, e di un meccanismo di conversione, vero peccato originale del nostro perfido e conclamato (ma non ancora irreversibile) Debito Pubblico.

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