venerdì 7 dicembre 2018

L'impero (del mito) di Sisifo e delle fatiche inutili

Vale forse in ogni epoca e sotto tutti i cieli della terra, la leggenda di Sisifo che, per i suoi conflitti con Giove re dell'Olimpo, è condannato per l'eternità a spingere un masso rotondo fino alla cima di un monte, vederlo rotolare in basso, doverlo raccogliere e ripetere una volta di più il vano tentativo.

Dove il masso può assumere la metafora dell'umana ambizione di potere, per sua attrazione irresistibile che, per la mai sazia ingordigia di quanti, essendone privi, odiano e combattono coloro che lo detengono, si trasforma fatalmente in un ciclo costante di perenne precarietà.

Può tuttavia accadere che la forza del mito possa quanto meno essere soppesato dalla ragione dell'uomo, sua dote altrettanto imprescindibile, capace quanto meno di interpretare gli aspetti apparenti ma illusori del potere ed evitare cimenti inutili per raggiungere traguardi inesistenti.   

Questo è possibile desumere dallo scenario quotidiano del confronto fra il Governo italiano (sia attuale sia quelli precedenti del trascorso ventennio) con la Commissione europea, nel perenne contendersi anche minuscole ed insignificanti partite contabili del bilancio nazionale italiano, contaminato, ad insaputa di moltissimi, da una fusione monetaria contraria ad ogni logica economica e ragionieristica.

Assistemmo infatti il 31 dicembre 1998 alla fusione di undici monete europee, gabellata tuttavia come loro media ponderata, quando invece, certamente per la lira italiana, la conversione fu effettuata esclusivamente con il marco tedesco.

Il che sarebbe stato ancora accettabile se il rapporto delle due monete non fosse invece stato calcolato esclusivamente sul rapporto dei listini di borsa delle operazioni di import - export, appunto fra Italia e Germania.

Non furono cioè conteggiati i poteri d'acquisto delle due monete, né la massa monetaria delle rispettive monete, né il confronto con le altre monete aderenti, subito o successivamente, alla moneta unica, l'euro.         

Ne risultò concretamente, per la moneta italiana, una svalutazione che determinò una redistribuzione incontrollata del potere d'acquisto (e patrimoniale) per i percettori di reddito in lire, che si protrae dal 2002 e proseguirà fino a che non saranno auspicabilmente rivisti i coefficienti di cambio allora concordati.   

Fino a quel momento  il nostro bilancio italiano non potrà che essere raffigurato, come l'emblema del  gigante Sisifo e delle sue inutili fatiche, nell'impegno di una incessante ma vana ricerca di risanamento, per effetto fondamentale di un micidiale errore d'origine che nessuno sembra avere il coraggio di denunciare pubblicamente.

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