martedì 1 gennaio 2019

Le autonomie regionali, le sovranità nazionali ed il guazzabuglio (istituzionale) europeo

C'è quasi da desumere che il pensiero progettuale sul futuribile europeo, della nostra classe politica, abbia inconsciamente scelto di prescindere dalle coordinate della logica e della coerenza.

Nel suo procedere a capitoli specifici, sembra che ogni tema possa - o addirittura debba - prescindere dalle armonie o disarmonie dal resto dello scenario in cui fatalmente dovrà presto o tardi trovare collocazione.

Accade infatti, nell'attuale frangente della fase di consolidamento del Governo giallo verde, che si levino voci di una inevitabile crisi della maggioranza (ne siamo resi edotti da Sabino Cassese, su Corsera del 29 dicembre) confermate in freschissime dichiarazioni di Attilio Fontana, Presidente leghista della regione Lombardia.

L'ipotesi della crisi deriva dalla circostanza che le regioni di Lombardia e Veneto hanno chiesto al Governo, entro la scadenza del 15 febbraio, di dare prosecuzione ai negoziati (sulla base della riforma costituzionale del 2001 e dopo i preliminari già intervenuti con il Governo Gentiloni).

Negoziati che dovrebbero portare al riconoscimento di autonomia di varie funzioni, di competenza governativa centrale, richieste dalle assemblee delle due regioni, ampiamente suffragate da due referendum consultivi delle rispettive popolazioni, svolti nell'autunno del 2017.

Date tali premesse, è difficile esimersi dalle conseguenze di una duplice ed opposta reazione che scaturirebbe proprio dalle due componenti politiche dell'attuale maggioranza parlamentare.   

Mentre infatti l'accoglimento da parte del Governo delle richieste di autonomia comporterebbe l'apertura della crisi di Governo, da parte penta stellata (con la giustificazione della rottura degli equilibri regionali nazionali), l'eventuale negazione, di tale accoglimento, provocherebbe l'apertura della crisi da parte leghista (tradizionalmente sensibile ai principi federalisti). 

Un dilemma insolubile, come si vede, che ha tutte le apparenze di un prezzo riconducibile alla precarietà politica ed ideologica delle due componenti governative ma soprattutto alla loro radicale incompatibilità.

Ma il passo della crisi, intriso di non sottili sfumature di comicità, nonostante la sua palese inevitabilità, non troverà facilmente il suo compimento, molti essendo ormai i presupposti autentici che ispirano ormai i comportamenti del Governo giallo verde, cioè l'irresistibilità del potere.

Che in questa circostanza contaminerà comunque un principio istituzionale, quello federalista, che viene invece circoscritto nell'ambito regionale e obliterato in quello nazionale, come era fondamentale premessa dell'unità europea nella concezione dei suoi storici fondatori.   

Uno scenario che già da tempo le nazioni europee hanno, pressoché tacitamente, hanno piegato a criteri che possono rifarsi a precedenti storici, come metaforicamente raffigurati in un classico della nostra letteratura.

Alludiamo al manzoniano romanzo de' "I Promessi Sposi", laddove i celebri capponi destinati come compenso all'avvocato Azzeccagarbugli, presunto tutore di giustizia per i più deboli, sbatacchiati dalle mani di un furioso Renzo Tramaglino, si beccavano reciprocamente, quasi ad imitazione dei litigiosi stati italiani del tempo, ma incapaci di predisporsi reciprocamente all'unità politica nazionale.

Quadro assai simile all'attualità del quadro europeo, le cui modalità operative e tanto meno istituzionali, sono assai distanti dai principi istituzionali e dalle tragiche motivazioni storiche, da cui scaturì l'ideale unitario dell'antico continente.   

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