L'analisi della situazione politica italiana non deve esaurirsi nell'impostazione di una strategia sorretta da prospettive realisticamente vincenti.
L'esperienza che abbiamo sperimentato nell'arco limitato della cosiddetta seconda repubblica è molto eloquente al riguardo.
La tattica elettorale dei partiti italiani, vecchi e nuovi, non ha mai avuto la vocazione di affrontare, salvo un brevissimo periodo dell'immediato dopo guerra, una approfondita e sistematica diagnosi dello stato dell'arte politico, economico e sociale.
Con l'avvento della guerra fredda, la scelta irrinunciabile di campo fra Usa e Unione sovietica, determinò inevitabilmente, per entrambe le alternative, posizioni di quasi dogmatica rigidità, in politica estera con conseguenze automatiche in politica interna.
Per alcune formazioni politiche (Pci, Dc, ed in misura minore Psi, Psdi e Pli) furono registrati risultati anche notevoli di consenso popolare, ma con la crisi dell'Unione sovietica, emerse fatalmente per ciascuna formazione politica, il rispettivo carattere, forse non effimero, ma fragile derivante dalla rispettiva debolezza di posizioni ideali.
Le comunità politiche vecchie e nuove, (soprattutto la Lega Nord) scevre, per il lungo periodo di paralisi culturale politica generato dalla guerra fredda, da autentica ispirazione sociale, hanno accarezzato l'illusione che la conquista del potere dipendesse essenzialmente dalla scelta appropriata di un leader.
Anche le posizioni attualmente in campo - centro sinistra o centro destra, penta stellati o leghisti - esaminate dal punto di vista dei programmi e di formule magari gabellate come risolutive, sono tutte egualmente insufficienti.
E' infatti evidente la loro inadeguatezza nel cogliere non solo gli elementi di crisi che tuttora attraversano il paese, ma bensì il quadro globale complessivo di cui ogni paese, deve necessariamente tenere conto primario.
Quali che siano le varie formule con cui eventualmente le formazioni rispettive realizzeranno ipotesi di coalizione ed esprimere maggioranze parlamentari non andranno oltre al di là dell'obiettivo di acquisizione di fette di potere.
Come è precisamente accaduto con la formazione dell'attuale Governo del paese, emerso dopo le consultazioni del 4 marzo dello scorso anno.
Uno scenario che ha caratterizzato i punti di vista di tutte le formazioni politiche presenti in parlamento, sia quelle vittoriose, leghisti e penta stellati, (orientate alla massimizzazione della rispettiva quota di vantaggi) come quelle sconfitte (indisponibili ad ogni autocritica), quindi necessariamente silenti.
Una maggioranza (od una opposizione) all'affannosa conferma (o ricerca) presumibilmente il più attraente sul piano elettorale, ma abissalmente distanti dalla revisione critica della vasta complessità della situazione internazionale e dalla conseguente interdipendenza delle scelte che verranno prese.
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