venerdì 26 aprile 2019

I tanti sacrilegi di un governo che amplifica tutti gli errori per rimediare ai quali si era costituito

E' inutile costernarsi ulteriormente, ma dobbiamo comunque constatare che l'esecutivo penta stellato - leghista ha ormai bruciato ogni etichetta di corretta navigazione politica, di rispetto dei conti pubblici e di minima coerenza nelle sue pubbliche esternazioni, nel loro doppio profilo di dichiarazioni ufficiali o di semplici interlocuzioni.


Parimenti giustificato appare l'assunto che il percorso intrapreso, or è quasi un anno, dal governo giallo verde, è stato, ed è tuttora, largamente condizionato dalle condizioni del paese maturate specificamente dalla duplice e non lusinghiera conclusione della prima e seconda nostra Repubblica, secondo la terminologia generalmente accettata..

Ed è conclusivamente fondato osservare che la coalizione di "Movimento 5 stelle" e "Lega" sia emersa come l'unica combinazione parlamentare realisticamente disponibile per la formazione di un esecutivo, oggettivamente compatibile con i risultati delle elezioni politiche del 4 marzo dello scorso anno.

I penta stellati, e soprattutto il loro leader designato, Luigi Di Maio, hanno tuttavia commesso, dati aritmetici a parte, un colossale errore nell'interpretare quei risultati attribuendoli a loro diretta forza di attrazione di parte cospicua dell'opinione pubblica.

Non seppero cioè intuire di essere essenzialmente stati l'unico diversivo, benché in larga parte ancora in attesa di collaudo, a disposizione degli elettori fermamente determinati a manifestare la profondità della crisi di fiducia che aveva investito irreparabilmente l'area di centrosinistra e di centro destra.

Una sfiducia che originava, sul piano interno, dalla regressione costante della situazione economica - diminuzione del potere d'acquisto, peggioramento dei livelli retributivi ed occupazionali - e, sul piano internazionale, dall'aumento irreversibile del Debito pubblico additato quasi quotidianamente - "Commissione europea" e "Fondo monetario internazionale" -  come principale nostra criticità.

Né M5s né Lega, seppero affrontare una diagnosi precisa dell'irreversibilità del nostro regresso, che non potevano essere individuate in una politica di aumenti salariali o di goliardica contestazione degli obblighi europei, di cui la nuova maggioranza parlamentare, non era responsabile (ad eccezione parziale della componente leghista).

Con somma superficialità le due componenti governative hanno ravvisato una politica di superamento di tutte le criticità elettoralmente significative, attingendo le risorse necessarie solo mediante l'accensione di nuovi debiti.

La conseguenza inevitabile non poteva che consistere nel contravvenire i nostri impegni europei senza denunciare e progettare la rimozione delle condizioni di subordinazione della nostra economia e della nostra effettiva sovranità istituzionale. .

Condizioni ravvisabili fondamentalmente in una conversione monetaria iniqua e nella fragilità complessiva della costruzione europea, caratterizzata da un processo tacitamente avulso da ogni presupposto federalista.

Delusione che scaturiva da due radicali ed imperdonabili omissioni.

Il primo e più inspiegabile, la disinvoltura di come tutti i Governi dell'Unione europea, abbiano dissimulato il principio federalista ricorrendo alla sua sostituzione lessicale con il termine, di per sé profondamente ambiguo, di "processo di integrazione".

Con il conseguente primo risultato di una aggregazione di Stati, con prevalenza della volontà degli Stati più forti ed instaurazione fattuale di modalità , in piena contraddizione con la nobiltà dell'ideale originale, nello spirito e nella lettera del Manifesto di Ventotene

Il secondo, particolarmente inverecondo per la componente leghista, è consistito nel convertirsi alla moneta unica, da una opposizione di principio, senza alcuna preventiva analisi consapevole del meccanismo di conversione posto in essere, evidentemente considerato come operazione immeritevole di attenzione per esponenti adusi alle grandi strategie politiche.

Senza capire che proprio nel tradimento del binomio "federalismo ed equità monetaria"sta la spiegazione essenziale del decadere delle sovranità degli Stati.

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