E' arduo interpretare quale sia stato l'intento del prof. Paolo Savona, nel suo debutto, come leader dell'authority di controllo dei mercati finanziari, avvenuto venerdì 14 giugno alla Borsa di Milano.
Ed è altrettanto difficile valutare l'eco mediatico del contenuto del suo discorso, per le tesi sostenute e soprattutto per gli elementi sui quali esse erano basate.
A pochi giorni dalla scadenza del temuto invio da Bruxelles delle eventuali procedure di infrazione per deficit eccessivo della nostra contabilità pubblica, l'ex ministro per i rapporti con l'Europa, davanti al Gotha dell'economia italiana, Governatore di Bankitalia compreso, con pacata sicurezza, esorta il Paese ad avere fiducia nel suo futuro.
I parametri negativi applicati dalle istituzioni sovranazionali, nel valutare la solidità complessiva del nostro paese, assicura Savona, si infrangono infatti davanti alla capacità competitiva del nostro sistema imprenditoriale.
A dimostrazione di tale assunto, il presidente della Consob ha sviluppato una serie di considerazioni sulla funzione economica del nostro paese, sulla arbitrarietà dei "pregiudizi" della Commissione europea" sulla nostra tenuta.
E "last but not least" ha (quasi provocatoriamente) sottolineato la piena sostenibilità del nostro debito, o meglio, addirittura il suo ulteriore incremento, fino ad un rapporto del 200% sul Pil nazionale (quello attuale sta intorno al 135%).
Il carattere assertivo di tali allocuzioni, ha tuttavia trovato un tutt'altro che trascurabile elemento contabile che, se autentico, la grande stampa dei due giorni successivi ha riportato, ma senza sottolinearne, con il meritato rilievo, né la novità né il possibile punto risolutivo della nostra criticità europea, il Debito Pubblico. .
Paolo Savona ci ha infatti resi edotti dell'esistenza di un risparmio privato complessivo italiano dell'ammontare di sedici trilioni e trecento milioni di euro.
Non si comprende infatti come tale entità di risparmio privato possa essere tenuta nascosta fin qui, mentre la sua effettiva sussistenza è la condizione, con l'imposizione ai detentori di tali risparmi, di un semplice prestito (quindi non prelievo) forzoso del 7%, - restituibile ad esempio in vent'anni ad un tasso del 1% - , con lo scopo di dimezzare all'istante il nostro tanto (strumentalmente) conclamato Debito pubblico (pari a due trilioni e quasi 400 milioni di euro).
Soprattutto non si capirebbe perché, chi per competenza istituzionale era in grado di conoscerlo, ha tanto atteso a renderlo noto.
E' un dato che sicuramente non potrà essere obliterato, salvo sospettare ad uno stratagemma per guadagnare tempo e ritardare le temutissime procedure di infrazione da Bruxelles.
O addirittura per preparare psicologicamente ad una operazione di prelievo (o prestito) forzoso per le notissime necessità incombenti.
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