giovedì 12 settembre 2019

Ursula von der Leyen, sorridente signora di una Europa per ringiovanirla ?

"I commissari non sono più rappresentanti del proprio Paese ma dell'Unione": così ha esordito Ursula von der Leyen, ormai nota neo eletta Presidente della Commissione europea, nel presentare l'elenco dei 27 commissari europei (quanti sono gli Stati aderenti all'Unione europea da cui essi provengono).

Con la novità dell'introduzione di poteri esecutivi (e non solo di coordinamento, come fini ad ieri) ) a 4 (nuovi) Vice presidenti, e di competenze specifiche agli altri 21, che, con la casella vuota del Regno Unito, per i noti motivi, assommano con la stessa Presidente appunto a 27, membri, 13 donne e 14 uomini. 

Ignoriamo quale concezione europea, Ursula von der Leyen - nobile ed attraente signora tedesca, dal tratto non sussiegoso e madre di numerosi figli - abbia maturato nella sua ormai non breve carriera di esponente politica e costante affinità ideologica con Angela Merkel.

Almeno nell'ambito delle sue prime ma significative modalità usate nella composizione della Commissione, potrebbe desumersi una sua attitudine a comportamenti non rigidi nella forma, condiscendente nell'ascolto, proclive nell'assecondare le richieste ma, intuitivamente, attenta a dimensionarle secondo le sue intenzioni.

Lo comprova la procedura usata nel dare accoglienza alla richiesta di Gentiloni a subentrare alla posizione di commissario all'economia, ma nella contestuale nomina di vice presidente esecutivo (non risulta se con preliminare informativa al commissario italiano) al lettone Valdis Dombrovskis.

Non possiamo non provare stupore nel constatare che l'italiano Paolo Gentiloni (come ex Presidente del Consiglio Della Repubblica italiana) dopo aver gestito un sistema economico di almeno 30 volte superiore ai 50 miliardi che è la cifra corrispondente al Pil annuale della Lettonia, si troverà a, termini di organigramma, a dipendere dal neo eletto vice presidente Dombrovskis.

Siamo comunque ben consapevoli che le regole del potere soggiaciono spesso al ricorso facile e incruento di appena percettibili modifiche nominali e realizzare nuove gerarchie.

E, del resto, lo stesso atteggiamento pubblicamente assunto da Paolo Gentiloni, lascia addirittura presumere di esserne stato preliminarmente informato.

Ci preme maggiormente tornare alla dichiarazione espressa dalla signora Ursula von der Leyen, e  riportata all'inizio di queste brevi righe.

Dalle quali si evince una duplice ipotesi egualmente non gratificante.

O la neo presidente della Commissione europea ritiene che l'Europa, per essere oggetto di devozione superiore e sostitutiva di ogni rispettivo patriottismo, sia già oggi, nella sua incomprensibile forma istituzionale attuale, meritevole di tale metamorfosi sentimentale.

Se viceversa, come molti ritengono, l'Europa è in fase di transizione per attuale ed acclarata instabilità, non solo l'aristocratica Ursula, ma tutto il mondo culturale dell'Unione, di cui ella è chiara espressione, ha il dovere di spiegarci perché l'assetto federalista, con cui l'idea europeista è stata originalmente concepita, è scivolato progressivamente, col passar degli anni, in un incomprensibile dimenticatoio.

Cioè, nel tradimento delle sue originali premesse.

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