martedì 17 dicembre 2019

Brexit e le conseguenze in Europa e nel mondo.

Alla fine il popolo britannico ha ritrovato la sua capacità di decidere: se bene o male, nessuno, è in grado di prevedere.


Occorrerebbe peraltro stabilire da quale punto di vista le previsioni debbano essere formulate, ed eventualmente dedurre se quelle scelte siano significative da un punto di vista "globale".

La novità che infatti influenza ogni giudizio di merito - riguardi esso una area geografica di ampia o ristretta estensione od un paese di qualsivoglia rilevanza economica o politica - ha una serie di formulazioni che, secondo tradizione, si connettono all'economia ed alla politica, ma ormai, necessariamente, all'ecologia nella sua dimensione onnicomprensiva.

In realtà, noi chiamiamo novità la componente ecologica che, salvo denegarne l'esistenza, è entrata, già da molto tempo ed in modo crescente, ad influenzare la vita del pianeta.

Essa, in realtà, ha già ampiamente compromesso i presupposti degli equilibri vitali del clima: in misura decisiva per molte specie animali e tutt'altro che facilmente reversibile per quella umana.

Di fronte tuttavia ad eventi di indubbia importanza, salva l'ipotesi che essi non siano evidentemente  inclusivi degli elementi climatici, dobbiamo limitarci ai canoni tradizionali dell'analisi politica ed economica.

La vittoria del Partito conservatore nelle elezioni britanniche appartiene indubbiamente alla categoria degli eventi molto importanti ed è stata salutata, da noi, con doppio dispiacere, sia sul piano della nostra distanza ideologica da tale formazione politica, sia sul piano del suo definitivo divorzio dai destini dell'Europa continentale.

La storia inglese può essere misurata su diverse scale di valori, indiscutibilmente grande nei rapporti con i paesi europei, perché ha sempre agito efficacemente contro ogni ipotesi di egemonia negli equilibri politici europei, e non si è sottratta alla guerra, quando necessario, come nei confronti di Napoleone e, soprattutto, contro Hitler.

Intelligente fu anche il comportamento politico degli inglesi, che, dopo la seconda guerra mondiale, per essi vittoriosa, seppero cogliere la vetustà politica e sociale del loro grandioso impero, e riscattare, almeno agli occhi europei, le modalità tutt'altro che esemplari della sua precedente (e plurisecolare) formazione.

Ciò che avvenne specie in ambito extraeuropeo, con forze armate nazionali, ma pure con strategie  corsare con ricorso al filibustering sui mari ed a compagini combattenti private per conquiste territoriali (Compagnia delle Indie).

Il panorama europeo, con il divorzio britannico, perde comunque, con l'Inghilterra, una delle sue prerogative più prestigiose, la sua posizione di benemerita "opinion leader" internazionale: per la sua riconosciuta cultura, la forza delle sue istituzioni, la coscienza ed il rispetto autentico dei suoi cittadini.

Nel quadro dei nuovi poteri diffusi nel mondo, non possiamo comunque ignorare che il protagonismo intraprendente delle Nazioni, quelle specificamente europee, per la limitatezza delle loro dimensioni, ha concluso il suo ciclo storico.

Le nazioni storiche delle Case regnanti europee, ultimo retaggio storico dell'età medievale, non reggono più il confronto con le Nazioni "sub continentali": Stati Uniti, Cina, Russia, India.

Portogallo, Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Italia, (con Francia e Germania tentate da vecchie ambizioni egemoniche), pur con la loro Unione Europea e la loro moneta unica, appaiono incerte e tardive, anche nel prendere cognizione più realistica delle ricchezze e delle potenzialità politiche dell'emergente continente africano.

Forse, gli Inglesi, più che il Regno Unito in quanto tale, hanno, considerato più vantaggioso riaccostarsi con l'America del Nord, che fu già parte dei suoi domini, e seppe fruire, con il protezionismo geografico di due Oceani, del crescente potere economico e quindi potenza militare, tuttora vigente sul piano mondiale.

Potenza che le vicende belliche ed il monopolio nucleare, caratterizzò la sua egemonia, tuttora  conservandola, secondo una apparente visione dichiarata del suo ruolo, ispirata alla conservazione della pace e della libertà dei e fra i popoli.

Nella conclusione del ciclo storico dei protagonismi nazionali, l'Unione Europea, già assistente passiva nel triennio travagliato del Governo Britannico, è ora realisticamente costretta, salvo fantasiosi giri di valzer diplomatici, ad una retrocessione nella graduatoria degli equilibri mondiali.

Cioè a ricollocarsi nel vecchio assetto internazionale della solidarietà occidentale, con la rinuncia conseguente ad una sua funzione di autonomia e sovranità politica a livello globale.

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