Dall'editoriale di Federico Fubini (Corsera di ieri), apprendiamo che l'Italia, meglio i suoi Governi romani, da circa un trentennio, hanno sempre firmato tutto ciò che ci veniva proposto dall'Europa in tema di moneta unica.
Anche confortato dal pensiero di Wolfgang Munchau, notissimo monetarista tedesco dell'area euro, Fubini argomenta che la passività diplomatica italiana, nelle problematiche europee, è riconducibile a motivazioni diverse: la corruzione, il clientelismo e soprattutto il livello crescente del nostro debito pubblico.
"L'equilibrio finanziario del Paese - scrive Fubini - era così precario che nessun ministro italiano si è mai sentito in grado di contrastare le indicazioni di Berlino".
Il "Fiscal Compact" ed il "bail in", prosegue l'editorialista, erano ad esempio disegni troppo significativi che un'Italia, sull'orlo del precipizio, non era in grado di contrastare ma solo di subire.
Ma con coraggiosa singolarità, Fubini, sorprende perché, in tale severa rappresentazione dei nostri trascorsi europei, innesta tuttavia una valutazione ottimistica dell'eccezione verificata, nella pubblica opinione del nostro paese, dal dibattito tuttora aperto sul "Meccanismo europeo di stabilità".
Ne deduce infatti il sintomo di un grado superiore di maturità del nostro Governo, ed un vantaggio dell'Europa tutta e della Germania in particolare, cui la nostra precedente acquiescenza, per assenza conseguente di stimoli, aveva parimenti impedito il beneficio di un comune progredire italiano, tedesco ed europeo.
Non possiamo pertanto non condividere la conclusione del suo editoriale che recita: "Gli Italiani sono pronti per un confronto aperto, adulto e soprattutto onesto sul nostro posto in Europa. Non l'abbiamo mai avuto. Non è tardi per provarci.".
Siamo altrettanto certi che tale messaggio possa valere anche per la revisione della conversione monetaria ed il ritorno al primitivo disegno federalista.
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