sabato 17 dicembre 2016

Preavvisi di ben servito all'Italia? Una possibile occasione di un atto d'orgoglio e di verità di Paolo Gentiloni

Esiste una strada per Gentiloni che, senza contraddire il lascito del Governo Renzi, da lui stesso condiviso come ministro degli esteri, potrebbe stabilire una duplice e sostanziale novità in campo europeo, di carattere economico e di chiarimento politico.

Ce ne dà l'occasione un'intervista di Federico Fubini (Corsera, del 16 dicembre) a Clemens Fuest, presidente dell'istituto Ifo di Monaco di Baviera e membro (con Frans Timmermann e Pierre Moscovici, commissari dell'Ue) del "gruppo di alto livello", guidato da Mario Monti, incaricato di ridisegnare parzialmente il bilancio dell'Unione.

Sappiamo tutti che, da molto tempo, cioè quasi immediatamente dopo l'ammissione del nostro paese nell'area della moneta unica, ogni qualvolta l'Italia ha propugnato iniziative in ambito europeo, la reazione, favorevole o contraria, è sempre fatalmente accompagnata, quale condizione primaria, da una esortazione alla imprescindibilità della riduzione del nostro Debito pubblico.

Ma il prestigioso economista tedesco travalica, nella menzionata intervista, ogni scrupolo diplomatico asserendo che "se l'Italia non cresce, valuti essa stessa di uscire dall'euro" aggiungendo, rincarando la dose, che, altrimenti, "altri paesi dovrebbero sopportare il costo del debito italiano".

E' lecito presumere che tale punto di vista, dati gli incarichi ed il prestigio di cui gode lo studioso tedesco, sia da considerare una ipotesi, o quanto meno una linea di pensiero, già in avanzata circolazione nei circoli tedeschi che contano nella politica europea.

Un atto di arroganza appena dissimulata,a cui non si registra finora alcuna reazione (di Mario Monti, quanto meno) da parte italiana.  

Gentiloni, presumibilmente consapevole che, sic stantibus rebus, ogni sforzo di riduzione del nostro Debito pubblico (come i numerosi tentativi già effettuati dimostrano) è destinato all'insuccesso, potrebbe con la grazia che lo contraddistingue, cogliere l'occasione per una almeno indiretta risposta a tali tutt'altro che liete prospettive.

Dovrebbe anzitutto, eventualmente, accertarsi dell'errore commesso da Romano Prodi con Helmut Kohl, nel 1998, nel concordare le modalità della conversione della nostra moneta nell'euro, concepita sulla base di una incredibile svalutazione della lira rispetto al marco tedesco.

Dopodiché, il Premier italiano, avrebbe le carte in mano per sottolineare pubblicamente le micidiali, comprovabili  e tuttora persistenti conseguenze di una espropriazione del potere d'acquisto del nostro paese, ulteriormente aggravate dai provvedimenti successivi europei, "fiscal compact" e "bail in" in particolare.

Il tutto in un quadro di integrazione politica europea già ampiamente compromesso da un processo antitetico ad ogni presupposto federalista.

Riprendendo ed allargando le contestazioni verso l'Ue, del suo predecessore, Gentiloni potrebbe infine sostituire la irrisorietà della richiesta di una maggiore flessibilità europea, nell'interpretazione dei bilanci italiani, con la ferma e decorosa denuncia dell'assurdità del nostro Debito pubblico.

Quanto sopra, nell'interesse stesso dell'Europa e della moneta unica, per l'ovvia regione che la nostra solvibilità, è divenuta, principalmente in forza di un meccanismo leonino della conversione monetaria, una ipotesi dell'irrealtà.

Un credito irresolubile è notoriamente una condizione che, inevitabilmente, comporta nocumento ad entrambi i soggetti, il debitore e il creditore.

Nella fattispecie della politica monetaria, il debito non risolubile porta ad una sola conclusione, quella di un rapporto di subalternità del debitore oppure del suo conflitto politico con il creditore.

Nessun commento:

Posta un commento