Non osavamo più sperarlo, invece è accaduto: la categorica severità, manifestata dall'economista tedesco Clemens Fuest sullo stato della nostra economia (intervista su Corsera del 16 dicembre u.s., come da nostro post precedente), ha trovato, sempre su Corsera (27 dicembre) una meritata risposta politica.
Ha provveduto al riguardo, con un articolo a firma congiunta, un coppia di noti economisti, il primo ex esponente politico nazionale, Giorgio La Malfa e Paolo Savona.
All'ipercritico pensiero del collega tedesco, tutto teso a sottolineare categoricamente la difficile convivenza della nostra situazione monetaria con il sistema della zona euro (fino ad auspicarne il divorzio) i due economisti non hanno esitato ad esprimere un punto di vista esattamente opposto,
al suo, affermando: "La risposta italiana deve essere netta : è semmai la Germania che deve lasciare l'euro. "
Il riscontro di una posizione decorosa, che vorremo ascoltare da esponenti tuttora impegnati nella politica monetaria europea, non può tuttavia spingerci fino a condividere gli elementi critici sui quali La Malfa e Savona hanno incardinato l'analisi della mal concepita genesi della moneta unica.
Quanto meno ci pare opportuno significarne l'insufficienza; è' infatti giusto denunciare la modalità di "...un sistema di cambi fissi rispetto all'euro, per imporre, solo ai paesi in deficit, l'onere (o l'obbligo) dell'aggiustamento, senza peraltro assunzione di impegno di solidarietà ai paesi in surplus",
Possiamo infatti osservare che la criticità essenziale di tale mancata solidarietà è infatti scaturita da una impostazione politica che ha dimenticato (o tradito) completamente il presupposto federalista che ispirava il processo di costruzione degli Stati Uniti d'Europa, come si denominava inizialmente il progetto unitario del vecchio continente.
E, comunque, i cambi fissi adottati hanno il loro vero ed originale errore nel meccanismo di calcolo della conversione, basato, almeno nel caso italiano, sui listini di cambio, fra marco e lira, deducibili esclusivamente dalle operazioni di import - export.
E' infatti evidente che una fusione monetaria debba considerare due fattori essenziali: il rapporto del potere d'acquisto e quello della massa monetaria in circolazione dei paesi coinvolti, ad un ben precisato e concordato momento.
Disgraziatamente nessuno dei due coefficienti richiamati fu tenuto in considerazione con la conseguenza che il concepimento della moneta unica è annoverabile come il peggiore patto internazionale di tutta la nostra storia e le cui conseguenze, per cifre incalcolabili, gravano tuttora sulle nostre spalle.
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