sabato 3 dicembre 2016

4 dicembre, data fatidica italiana anche per il rapporto con l'Europa ?

E' naturalmente difficile cogliere lo stato d'animo che accompagnerà l'elettore italiano nel recarsi alle urne per il referendum costituzionale di domani, 4 dicembre.

Ma è forse parimenti complicato immaginare quali e quante caleidoscopiche motivazioni guideranno la sua mano a porre la sua croce su una delle due caselle dei fatidici avverbi del Sì o del No.

Certo è comunque che il nostro paese, davanti alla proposta referendaria, prosegue ad essere ufficialmente ignaro su quali ipotesi, dopo il risultato della consultazione, si apriranno sul nostro modo di stare in Europa.

Tecnicamente infatti gli Italiani sono chiamati alle urne su una serie di proposte di mutamento di ben 47 articoli della nostra carta, nessuno dei quali ha un benché minimo riferimento diretto con le già compromesse nostre sovranità.

In modo specifico, quella istituzionale - la demolizione del presupposto federale - e quella monetaria - l'avvenuta espropriazione del nostro potere d'acquisto - in modo specifico.

In ordine alle quali l'art.11 statuisce esplicitamente "le limitazioni di sovranità necessarie necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni".

Laddove, precisamente, l'essenza della nazionalità è giustamente nobilitata dall'essere inserita nel novero dei "principi fondamentali" da ogni interferenza straniera che non sia giustificata da accordi fra i popoli che consolidino, appunto, "la pace e la giustizia fra le nazioni".

Eppure lo sforzo riformatore che il popolo italiano è domani chiamato ad approvare, si è dispiegato proprio mentre le criticità del processo di Unità europea, hanno raggiunto il loro acme, come traspare da letture variegate, in Italia ed in Europa, che descrivono il diffuso e profondo fibrillare della stessa volontà unitaria del vecchio Continente.

L'equiparazione di tali criticità alle norme, contenute nella "parte prima" della Costituzione (precisamente dall'art. 13 all'art. 54), e relative ai rapporti civili, etico - sociali, economici e politici (rimaste inadempiute da sempre), è la spia del sostanziale disinteresse dei gruppi dirigenti politici: tuttora come da sempre, pavidamente o inconsciamente, indisponibili a dar loro attuazione.  

Dalla cui mancanza, è essenzialmente deducibile la radice della profondità, e del perdurare, della crisi generale del nostro paese.

Se, infatti, il Governo, consapevolmente o per intrinseca insensibilità, ha scelto di non cogliere il nesso di armonia fra processo europeo unitario ed ordinamenti, nello spirito dell'art. 11, ciò non può che sottolineare l'inadeguata sua immedesimazione nella Costituzione e la sua conseguente incapacità di difesa delle sovranità nazionali.

Il No al referendum del 4 dicembre, scaturisce, essenzialmente, soprattutto da queste radicali insufficienze.  

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