domenica 12 marzo 2017

L'Europa a due velocità: le formule economiche e l'ipocrisia politica

E' diffusa coscienza che il nostro bilancio pubblico rappresenti la parte più delicata del nostro decoroso modo di essere nell'Unione europea e nella zona euro.

Se tutti i protagonisti della nostra vita pubblica sono convinti che il debito pubblico italiano è di gran lunga la voce più sensibile del bilancio nazionale, essi tuttavia se ne dimenticano quando sarebbe opportuno parlarne accrescendone, in tal silenzio, ancor più le conseguenze.

E' accaduto appunto in queste ore, precisamente venerdì 10 marzo a Bruxelles, nell'aderire quasi compiaciuto del nostro Governo alla formula delle due velocità come l'antidoto più efficace alla crisi economica e quindi politica europea.

Una decisione peraltro che ha registrato una netta divisione di orientamenti fra Francia, Germania ed Italia ed il gruppo dei paesi dell'est, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca.

A prescindere dalle collocazioni politiche che ne sono la diretta conseguenza, era invece opportuno aprire finalmente un discorso sulle motivazioni di una crisi europea che non è risanabile attraverso velocità diverse dell'economia dei rispettivi paesi ma ne costituisce, al contrario, la causa fondamentale di crisi.

Gabellare come fatto realistico, comunque insopprimibile, il riconoscere positivamente un procedere differenziato delle economie dei paesi del'Unione, al contrario, è la registrazione definitiva della sua crisi economica e l'inizio del suo dissolvimento politico.

L'Europa a due velocità è una formula che legittima le differenze e rafforza il presupposto della gerarchie dei popoli che ne fanno parte.

Tutto ciò rappresenta di fatto la dissimulazione del fallimento del principio federalista, già ben evidente da tempo, e dalla prosecuzione di politiche che soprattutto dalla scelta della moneta unica ha trovato la sua strategia più efficace perché ne ha indicato notoriamente il paese più altamente beneficiario, la Germania.  

Una strategia tuttavia macchiata da un meccanismo di conversione nella moneta unica di carattere leonino di cui, sicuramente, l'Italia a suo tempo - governo Prodi - l'Italia ha pagato un prezzo assurdo in via dottrinale ed aritmetica, al di là di ogni aspetto di buona o mala fede dei singoli contraenti.

Il populismo che concordemente siamo in molti decisi a combattere, ne è stata la conseguenza principale e la continuazione di una linea differenziata tra i paesi dell'Unione ne è tuttora un incontrastabile impulso.

L'Europa, già storicamente sorgente di pensiero politico ma assai spesso di contraddizione dello stesso, marca forse definitivamente l'incapacità di mantenere il suo passo mondiale.

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