Dalla parte orientale dell'Atlantico, per bocca di Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, ci giunge dunque la notizia dell'imminente decisione di un rialzo, seppure gradato, dell'interesse nazionale di sconto per il finanziamento al sistema bancario americano.
In una cornice complessiva di prosperità economica e di soddisfacenti livelli occupazionali, che caratterizza l'economia statunitense, l'importanza della decisione, evidente su scala mondiale, è stata confermata dall'aumento immediato del valore del dollaro nei confronti di tutte le altre monete.
Per gli Stati Uniti, in particolare, afflitti dal debito pubblico più alto del mondo, l'aumento di valore del dollaro avrà conseguenze negative, connesse ai dollari posseduti dai paesi creditori in dollari (la Cina soprattutto) ed agli effetti inflazionistici sul mercato interno, ma anche indubbi vantaggi nell'ambito del commercio internazionale, in rapporto alle importazioni di merce straniera.
In ordine all'ultimo punto, l'Europa, specificamente l'euro zona, molto probabilmente indurrà la Banca Centrale di Francoforte ad operare in modo pressoché conforme, con una presumibile contrazione della politica del quantitative easing e con l'aggiornamento di una politica creditizia ora costellata di veri e propri privilegi a favore del mondo bancario.
Le ripercussioni inevitabili sulla ripresa dell'inflazione risulteranno tuttavia assai più salate per l'Europa, segnata da una lunga rimonta comparativamente meno solida di quella Usa, adottata per fuori uscire dalla crisi mondiale deflagrata quasi due lustri or sono.
Lo sarà ancor meno facilmente per il nostro paese, soprattutto se si ricorrerà nuovamente all'ingannevole rapporto per cui l'inflazione, se contenuta in limiti non eccedenti il 2% annuo, è di per sé un bene e pertanto il rincaro del costo della vita (la seconda autentica faccia dell'inflazione) è quindi, nel linguaggio ufficiale, da salutare con gioia.
Per l'Italia, infatti, l'inflazione tendente a zero è infatti derivante da una crescente diminuzione del potere d'acquisto e quindi di effettiva povertà crescente della popolazione italiana.
Tanto è vero che già quel fatidico, ma anche psicologicamente truffaldino, 2% noi lo stiamo raggiungendo prima ancora dell'avvenuto aumento del tasso di sconto, appunto per la contrazione della nostra effettiva capacità di spesa e di consumo.
Ma soprattutto i discorsi di queste ore, per l'Italia, sono interessanti solo per il loro carattere parentetico.
Ci permettono divagazioni, per concederci un attimo di respiro, in attesa di altri e ben più insidiosi momenti - la gravissima crisi politica italiana in atto, le elezioni olandesi, francesi e tedesche, la tenuta politica dell'Ue e la crescente difficoltà di rapporti con gli Usa - che investiranno gli equilibri sociali e politici dell'Europa tutta.
Con la doverosa aggiunta che, pur dicendo Europa, sempre più ci abituiamo a intendere solo taluni o forse solo uno dei paesi che, in nome di essa, appare legittimato ad assumere le opportune decisioni senza rispetto del loro indubbio carattere corale.
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