domenica 4 giugno 2017

E' buona fede quella del ministro Padoan ?

Senza derivare disdicevole valutazione delle riserve mentali del ministro Pier Carlo Padoan, siamo comunque incapaci di condividere lo scarso grado di decoro con cui egli ha svolto la sua allocuzione al Festival annuale dell'economia di Trento, proprio nel giorno conclusivo.

Dalle sue parole potremmo tutt'al più ammettere una forma difensiva, politicamente  avvocatesca, purché non in un consesso di studio, quale tradizionalmente, il Festival di Trento intende essere.

Non appare quindi culturalmente appropriato definire, con le parole da lui adottate, il bilancio del suo triennio di massimo responsabile delle scelte economiche del paese.

Dire infatti che "Il mio obiettivo è di offrire al Paese dei conti sempre più in ordine e degli spazi di utilizzo per il sostegno alla sua crescita" è una dichiarazione non meritevole di condivisione.

Un ministro non è certo chiamato a svolgere una funzione di pura e semplice ragioneria: tenendo peraltro conto che da lui, in questi tre anni, siamo stati costantemente lontani dalla reale situazione dei conti pubblici del paese: mai riconoscendo che, a dispetto di tutti i sacrifici subiti dal nostro paese, il nostro Debito pubblico è inesorabilmente cresciuto.

La sua regola, pur informati da letture di stampa che, con linguaggio sommesso, lo davano talvolta non adesivo a provvedimenti del governo, è stata di fatto costantemente orientata ad assecondare tutte le fondamentali scelte assunte dal governo stesso.

Anche laddove, per un ministro, sarebbe stato assai più confacente, sia in sede economica (appunto per provvedimenti inadeguati allo stimolo alla crescita) sia in sede contabile (rispetto a misure destinate al peggioramento dei conti), manifestare posizioni su temi specifici (bonus a pioggia, mirabilia del jobs act, spese militari...) che lo potessero distinguere nell'ambito del governo di cui era parte primaria.

La sua allusione al che fare degli "spazi" (di cui si accenna nella summenzionata dichiarazione), in cui proferisce che tutto dipende da "una decisione politica in cui non entra e che spetta alla legge di Bilancio definire quegli spazi e chi la farà", assume un chiaro significato tattico auto difensivo per declinare le molte responsabilità che invece gli appartengono.

In sostanza, aver egli, in questi tre anni, costantemente alternato la previsione, ottimistica quanto infondata, della imminenza della crescita economica, con il tacere successivo per il tempo necessario a dimenticare la previsione e ripresentarla come nuova, è stato la peggior modalità di comportamento per (sperare di) separare le proprie responsabilità da un triennio di continuo peggioramento della crisi economica .

Come visivamente è stato confermato dal suo assistere inerte alle roboanti dichiarazioni di Renzi, manifestate sul suolo patrio, quale sola reazione alle sollecitazioni continue (non disgiunte forse da punte di sadismo) delle autorità europee, sulla necessità del recupero del nostro debito pubblico.

In questo, Padoan è robustamente legato alla politica europea di Renzi, con tuttavia una differenza culturalmente non di poco conto.

Renzi, infatti, della disastrosa politica monetaria italiana non ha sicuramente avuto - all'origine - alcuna responsabilità, mentre Padoan in fatto di silenzi omissivi, ne ha avute assai, come non poche volte abbiamo riferito nelle pagine di questo blog.

Crede forse, Padoan, infine che per quel suo sussulto in terra trentina per la minuscola ripresa di questi giorni e che ha indotto a tanta benevolenza il commissario francese Pierre Moscovici, sia qualcosa di diverso da una posizione strumentale connessa essenzialmente alla fase elettorale che accomuna attualmente Francia ed Italia?      

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