domenica 20 agosto 2017

Il declinante senso delle idee e delle parole da cui sono composte

Anche la strage della "rambla" di Barcellona, come ogni vicenda luttuosa per responsabilità diretta di umana volontà, amplifica sempre più, dentro di noi, un angoscioso interrogativo senza risposta.

Il susseguirsi di fatti, per la cui comprensibilità non solo è incerta la diagnosi ma, ancor più, è indisponibile una accettabile prognosi, sta determinando la caduta delle certezze, a tutte le latitudini politiche e geografiche, occidentali come orientali.

Motivazioni dei grandi eventi, soprattutto se luttuosi ed imprevisti, possono essere analizzati secondo chiavi di interpretazione religiosa, ideologica o nazionalista ma raramente deducibili dalle cause prime e sempre suscettibili nel prestarsi ad opposte analisi, sia nei loro precedenti storici come nelle contraddizioni degli interessi attualmente in campo .

E' di queste ore il confronto mediatico delle motivazioni del terrorismo, di origine addirittura millenaria, fra le confessioni storiche monoteiste, nella fattispecie cristiane e mussulmane, che ora appaiono un caleidoscopio di ipotesi interpretative.

La circostanza di terroristi che si cimentano in queste operazioni sanguinarie, ad altissimo rischio personale (a Barcellona sono sopravvissuti, sembra, solo due, tuttora ricercati, degli otto esecutori) fa legittimamente presumere della coesistenza simultanea di entrambe le motivazioni: il fanatismo religioso degli esecutori e gli interessi di paesi o di associazioni criminose, come loro mandanti.

Il succedersi degli eventi politici della fase globale - raffigurabile presumibilmente con il dissolversi delle contrapposizioni ideologiche (comunismo e democrazia) emerse con le due guerre mondiali e la guerra fredda - non ha favorito un parallelo dispiegarsi di nuovi e solidi presupposti fra gli Stati e di nuovi equilibri internazionali.

Forse, almeno in occidente, il tentativo di una realtà istituzionale nuova rappresentata dall'Unione Europea, concepito come superamento di rivalità storiche secolari e definitivo abbandono di rapporti egemonici con altri paesi e fra essi stessi, poteva essere un solido ed esemplare presupposto di una politica innovatrice.

Nella prospettiva che l'unione monetaria si ponessero i presupposti di un naturale e quasi meccanico equilibrio politico, quasi che la moneta unica potesse assumere una sua multifunzionalità in tutti i settori fondamentali dell'economia dei paesi aderenti, indipendentemente dal meccanismo adottato per la sua realizzazione.  

Così non è avvenuto, come dimostra il disarmonico rapporto fra i paesi costituenti l'Unione medesima, notoriamente lontana da quel modello federale (gli Stati uniti d'Europa) che doveva essere la condizione primaria per la sua riuscita. ( Giuseppe Di Taranto :"L'Europa tradita" - Luiss University Press, aprile 2017)

Ma ancor più significativamente, lo straordinario progresso economico, scientifico e tecnico di cui tutto il pianeta s' è giovato nel trascorso mezzo secolo, è stato del tutto insufficiente nella denuncia e nel rispetto dei limiti di compatibilità del nostro modo di vita con le prerogative del pianeta che è la casa di tutti ma anche l'unica che abbiamo.

Paradossalmente quella parte del mondo che, da regimi di collettivismo di stato, come Russia e Cina, con straordinaria rapidità, ha adottato politiche economiche, sia all'interno come ancor più all'esterno, che si rifanno ai classici modelli capitalisti: con ciò registrandone la superiorità ma nel contempo la vulnerabilità sociale implicita in ogni modello di, magari mascherata, privatizzazione del profitto.    

Siamo sempre meno capaci, come terrene collettività, di ricordarci costantemente che le parole e le corrispondenti idee con esse elaborate hanno la loro funzione in proporzione al loro corrispondere concreto e benefico nei rapporti fra gli uomini e degli uomini con la realtà planetaria nel suo complesso.

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