Che ogni analisi di merito su forniture militari di grande entità possa essere influenzata da pregiudiziali politiche ed ideologiche, è difficile escludere.
Ciò premesso, il caso del contratto di acquisto dei cacciabombardieri americani F-35 e gli elementi che lo contraddistinguono, non possono assolutamente esimerci da una valutazione che rasenta una radicale disistima professionale nei confronto dei Governi che lo hanno elaborato, firmato e poi gestito dal 1998 in avanti.
Questa classe di cacciabombardieri, di altissimo grado tecnologico e militare e di prestazioni insuperabili, furono inizialmente negoziati (ancora sulla carta) per un numero complessivo di 131 unità.
Nel passaggio graduale alla loro effettiva realizzazione, per constatati standard di efficienza inferiori al previsto e ritardi notevoli dei tempi di consegna - secondo valutazioni comuni anche ad altri 6 paesi contraenti per l'acquisto del medesimo velivolo - il numero delle unità fu ridotto da 131 a 90 unità.
Questo comportò certamente una revisione degli accordi contrattuali, ma da ciò che ufficialmente siamo resi edotti, la riduzione sopra indicata fu comunque connessa alla lievitazione del prezzo di ogni velivolo che dal primitivo ammontare di 69 milioni per ogni velivolo crebbe al nuovo prezzo di 131 milioni di dollari, con un incremento percentuale del 38%.
A queste condizioni, lo afferma la valutazione del contratto redatta dalla Corte dei conti, devesi aggiungere il mancato incremento dei livelli occupativi calcolati in sede di previsione di nostro contributo lavorativo, che comunque (anche se la Corte non sembra averlo sottolineato) avrebbe accresciuto il costo complessivo del nuovo stock aereo militare.
Il giudizio del nostro massimo organo di controllo della spesa pubblica, conteggiando le variazioni sopra succintamente riportate, dà un risultato algebrico di perdite contrattuali per oltre tre miliardi ed un risparmio - solo temporaneo - di 1,2 miliardi di euro.
Eppure la Corte, senza tuttavia avventurarsi di una valutazione che vada oltre gli elementi
contrattuali in senso stretto e sulla congruità dell'acquisto (presumibilmente priva delle competenze statutarie), non ritiene sussistano fattori ostativi all'adempimento del progetto F-35.
In conclusione, le consuete modalità con cui si svolgono le ricostruzioni analitiche di grandi spese ed investimenti pubblici, si trasformano di fatto episodi e perdite in incidenti occasionali, non meritevoli di approfondimento circa pur individuabili responsabilità specifiche, decisionali ed operative.
Purtroppo anche l'esempio degli F-35 dimostra come aumenti spropositati dei costi, ritardi di consegna calcolati in anni, si traducono per la nostra pubblica amministrazione - lo dice la stessa Corte dei conti - a suo elevato nocumento.
Tutto ciò, pur nella evidente inadempienza della controparte americana, la Lockheed Corporation (già nota per un precedente caso che comportò politicamente le dimissioni del presidente della Repubblica, Giovanni Leone).
Nella fornitura militare, in particolare, è forse dirimente la considerazione che, come è unanime auspicio, non si addivenga mai al riscontro della bontà del prodotto e prevedibilmente, per il fatale decorso del tempo, ne venga sancito tecnicamente lo stato di obsolescenza.
Il che la dice lunga sulla irresponsabilità di fatto, politica ed amministrativa, dei piccoli o grossi acquisti militari, ed il facile e comodo scaricare i (molto elevati) costi addizionali sulla fiscalità generale.
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