venerdì 3 novembre 2017

Con compiacimento a Marco Damilano, neo direttore Espresso, auspicando sua rivisitazione intervista a Prodi

Scorrendo l'elegante lettera di commiato di Tommaso Cerno, direttore de' L'Espresso da meno di un anno, per naturale curiosità di assidui lettori del periodico, abbiamo invano cercato di intuire i motivi reali della sua sostituzione con l'editorialista, già televisivamente assai noto, Marco Damilano.

Forse Cerno, che resta comunque nel gruppo editoriale di Repubblica, aveva un profilo di non preminente marca giornalistica, incline talvolta a esorbitare dalla cronaca per cimentarsi nell'astrattezza della logica concettuale, raramente compatibile con quel volatile miscuglio di sentimenti ed interessi che sono la vita pubblica.

Siamo comunque compiaciuti del nuovo direttore, certi di condividere con un vasto pubblico la sobrietà e la correttezza del suo modo di argomentare e, talvolta, di mordere i suoi occasionali ma improvvidi interlocutori.

Proprio per le sue indiscutibili qualità, nella circostanza del suo nuovo incarico, e conseguente accresciuta statura di grande opinionista, sentiamo l'impulso di reiterare una dichiarazione di stupore che direttamente lo coinvolge, nel quadro interpretativo di uno dei più importanti momenti della nostra storia.

Questo blog raccolse il contenuto di tale stupore, inviandone il testo per la lettura a Damilano ed in prosieguo,  pur non conoscendolo personalmente, rivolgendoci a lui, durante una pausa dei lavori di una pubblica assemblea, in una sala congressi del centro romano.

Ci ascoltò con cortese attenzione, sorrise ma gli argomenti esposti non sembrarono meritare alcuna prosecuzione, né immediata né successiva.

Il nostro stupore, tuttora vivissimo, deriva da una sua importante fatica editoriale - "Missione Incompiuta" Intervista a Romano Prodi, a cura di Marco Damilano. Edizione Laterza, aprile 2015 - in cui appunto vengono raccontate tutte le stagioni che il professor Prodi ha attraversato come  testimone e soprattutto come protagonista.

Delle 170 pagine in cui l'opera si dipana, quelle che legittimano gli interrogativi che specificamente devono essere poste a Damilano, sono di fatto soltanto due, precisamente la 93 e la 94.

Esse rappresentano infatti la comprova della fondatezza di una annosa, insistita denuncia di quello che è stato il peccato originale della crisi economica del nostro paese degli ultimi tre lustri ed i cui effetti sono tuttora perduranti.

Ci riferiamo all'avvento della moneta unica europea: non tuttavia la sua intrinseca scelta, bensì il meccanismo con cui la moneta unica fu posta in essere, con specifico riferimento alla lira, e la cornice delle variegate affabulazioni con cui la novità dell'euro ci venne propinata.

L'esame attento delle poche ma essenziali righe di quelle due pagine è infatti sufficiente a capire come le modalità adottate per stabilire il valore di conversione della lira con l'euro, come vedremo analiticamente nel prossimo post, hanno storicamente un unico risultato.

Quello di far emergere l'approccio dottrinalmente irregolare e l'ingenuità di Prodi in contrapposizione con l'astuzia cretese e quasi spietata, di Helmut Kohl, il cancelliere tedesco del tempo, che di quell'accordo fu apparentemente la sua, se non esclusiva, principale controparte.

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