Sembra poco probabile che i lavori della Commissione parlamentare per le Banche si concludano con il risultato di una diagnosi esauriente delle criticità del nostro sistema del credito.
Se tale previsione sarà confermata non sarà tuttavia corretto imputarne la responsabilità esclusiva alla Commissione ed alla sua conduzione.
E' forse imputabile alla Commissione la scelta di preordinare la serie delle testimonianze con l'apparente finalità principale di analizzare i comportamenti della sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi in connessione esclusiva con Banca Etruria (del cui vicepresidente essa è figlia) che è la più piccola delle sette banche sottoposte ad indagine.
Può anche presumersi che l'opinione pubblica, nella diffusa interpretazione del mondo mediatico complessivo (giornali, radio, televisione ed internet), si caratterizzi come apparentemente concentrata sulla figura dell'intraprendente, coriacea ed avvenente signora sopra citata.
Maria Elena Boschi ha infatti campeggiato, con modalità disinvolte e talvolta sicuramente discutibili, in tutta la seconda parte della legislatura ed ha molto probabilmente varcato il divieto di legge attinente all'ipotesi di conflitti di interesse.
Anche ammessa tuttavia questa tifoseria, favorevole o contraria, deve pur prevalere la convinzione che, almeno in notevole parte, le coordinate politiche della pubblica opinione hanno la maturità di rifuggire dalle valutazioni emotive e sono sensibili all'intreccio complesso di tutte le situazioni di crisi.
Può dunque affacciarsi una seconda ipotesi di questa attenzione concentrata su una, ma non unica e nemmeno la più rilevante dei protagonisti delle vicende che sono, o dovrebbero essere, il vero oggetto complessivo di questa indagine parlamentare.
Una concentrazione cioè strumentale e fuorviante dalle responsabilità di una crisi che, per entità dei costi subiti, per le vistose incongruenze emerse nell'apparato di controllo e per caduta d'immagine interna ed internazionale, chiama a rispondere tenici e politici delle più alte cariche istituzionali.
Cioè del Governo, di Bankitalia, di Consob affinché rispondano, soprattutto, delle vistose smagliature del loro coordinamento.
Solo tale eventualità, forse, potrebbe individuare il percorso per uscire dal poderoso groviglio di una politica finanziaria chiaramente inadeguata e richiedere ai vertici istituzionali la coscienza che compete ai massimi servitori dello Stato.
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