lunedì 30 aprile 2018

La crisi politica italiana e l'insufficienza delle sue diagnosi

In questi giorni di incarichi esplorativi e di incertezza sugli sbocchi a cui approderanno, tutte le parti politiche, le analisi dei più accreditati "opinion leader", le (impacciate) prese di posizione delle centrali sindacali, producono il loro massimo sforzo per escogitare una via d'uscita dalla crisi di governabilità scaturita dalle elezioni del 4 marzo.

Vie d'uscita, da ciascun analista, ufficialmente finalizzate ad evitare il ricorso obbligato ad una nuova chiamata alle urne, o più precisamente, ad allontanare dalla propria parte politica la responsabilità diretta di tale ultima ma sempre più probabile conseguenza.

In questo bilancio di tesi e di antitesi fra le varie posizioni politiche, è tuttavia individuabile una generale inconsapevolezza, quasi una fatale cecità, rispetto a quella che invece è la causa primaria della crisi italiana, ed il suo trovarsi priva di bussola, sia in sede di politica interna come in quella europea.

Una cecità derivata da una graduale e crescente miopia politica, che ha contagiato da tempo tutto l'arco della sua rappresentanza ed ha gradualmente assistito, senza reagire, al formarsi di un modello europeo che era l'antitesi di quello, tanto enfatizzato quanto inapplicato, degli Stati Uniti d'Europa e del Manifesto di Ventotene.

Un modello con apparente pariteticità di competenze, dove in realtà, al di fuori di ogni garanzia  democratica, sono prevalenti le posizioni dei paesi dell'Unione, in rapporto alla loro effettiva influenza politica ed economica, egoisticamente interpretata.

A tale dissacrazione istituzionale, intrinseca alla rimozione del presupposto federalista europeo, è quasi parallelamente corrisposta una unità monetaria europea basata su criteri che hanno irriso ogni criterio di equanimità.

Assumendo come criterio esclusivo della fissazione del potere d'acquisto della lira i prezzi dei listini dello scambio commerciale con il marco, la conversione si è tradotta nella più imponente e continuativa (tuttora perdurante) espropriazione di potere d'acquisto dei contribuenti italiani: nella generale disattenzione di coloro che la decisero come di coloro che la subirono.

La soluzione della crisi italiana non troverà alcuna formula risolutiva nella (improbabile) impresa del raggiungimento di un accordo di maggioranza fra i partiti politici presenti in Parlamento.

Tutti i problemi, istituzionali ed economici, rimarranno in campo e lo stato di subalternità italiana troverà il suo ritornello nell'ammonimento quotidiano, da parte degli organi competenti europei, delle agenzie finanziarie più accreditate, Fondo monetario internazionale incluso, di rovesciare la tendenza all'accrescimento del debito pubblico e la cancellazione dei crediti deteriorati dai bilanci bancari nazionali.

Senza avvedersi del graduale slittamento del potere d'acquisto del nostro paese alle riduttive attitudini salariali della gastronomia, della moda, del turismo ed alla funzione di primo impatto delle grandi ondate migratorie su scala continentale.   

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