venerdì 10 agosto 2018

Una nuova sovranità, il diritto dell'aforisma ingannevole ed effimero

Con l'inizio concreto dell'attività legislativa del Governo giallo verde non può passare inosservato il frequente ricorso, dell'opposizione ma in maggior misura della maggioranza, a pubbliche e categoriche dichiarazioni, spacciate come rassicuranti e finalizzate a giustificare il rispettivo operato.

Cioè l'uso strumentale di modi di dire usuali lessicalmente ascrivibili alle categorie dell'aforisma (nell'accezione di verità definita), dell'assioma (verità evidente) o addirittura della formulazione matematica del proprio pensiero (la somma algebrica di costi e benefici). 

Che la circostanza non sia una novità assoluta nel frasario del pubblico discettare, è ovvio, ma  essa, per il vigente Governo, diviene un passaggio obbligato per giustificare i ritardi o, meglio, le difficoltà impreviste (in realtà prevedibilissime) per l'adempimento degli obbiettivi più contraddittori del "contratto" di programma, stipulato dalla maggioranza giallo verde. 

A tutti è ormai noto il triangolo dei punti di massima incompatibilità fra M5s e Lega di Salvini, ed il conseguente carattere di irrinunciabilità per entrambi le componenti, che su di essi hanno costruito la base del rispettivo successo elettorale. 

Cioè il reddito di cittadinanza (per i penta stellati) e la flat tax (per i leghisti) e le posizioni reciprocamente contrastanti per quanto attiene alle grandi opere, come la Tav (la galleria di Lione con Torino) o come la Tap (il gasdotto che dovrà collegare l'Azerbaigian con le coste pugliesi).

Un quadro, già intrinsecamente contraddittorio, che collide tuttavia oggettivamente con lo stato dei nostri conti pubblici e conseguentemente con i principi contabili che ci competono come paese aderente all'Unione europea.

E' così che il Governo nel suo complesso, ma principalmente nei responsabili dei dicasteri più direttamente interessati, Esteri ed Economia e, pare, dello stesso Premier Giuseppe Conte, subiscono l'imperativo di dissimulare la impercorribilità degli obiettivi previsti, col dichiararne la sicura fattibilità, purché sorretti dalla loro conformità alle norme ed ai patti europei, il cui carattere nettamente ostativo peraltro era, già dall'inizio, universalmente noto.     

Così ci viene assicurato - per la flat tax come per il reddito di cittadinanza - che tali obiettivi possono essere raggiunti, con la conseguente finzione della procedibilità di entrambi, pur nella (taciuta) consapevolezza della insussistenza simultanea delle necessarie condizioni preliminari.

E parimenti, per le Grandi Opere, ci viene propinato il metodo apparentemente cartesiano, in base al quale esse saranno perseguite, una volta assodato il confronto fra costi e benefici i cui consuntivi ma le cui previsioni sono ben lontani dall'essere condivise, in quanto derivanti da presupposti -rispettivamente penta stellati o leghisti - radicalmente dissimili.

In realtà il complessivo tessuto di dissimulazioni è l'inutile tentativo di guadagnare tempo nella speranza di conservare quel tanto di credibilità elettorale (di cui tuttora M5s e Lega apparentemente fruiscono) almeno fino alla probabile crisi di Governo ed allo scioglimento delle Camere.

Questo è il vero (e triste) significato, del procedere in un cammino purtroppo segnato da tempo da ben più gravi errori, di cui tutti gli uomini politici dovrebbero essere consapevoli.

Dai quali è scaturita una Unione nella cui costruzione gli Stati aderenti sembrano essere stati prevalentemente guidati dagli egoismi nazionali che hanno costellato tutta la loro storia millenaria.

Il che ha portato alla graduale cancellazione di ogni elemento ispiratore iniziale che parlava di Stati Uniti d'Europa, cioè un assetto federalista, che invece si sono risolti in un disordinato amalgama di (dis)unione gerarchica, che ha trovato nella moneta unica, l'euro, il suo più radicale ma misconosciuto peccato d'origine.         

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