martedì 4 settembre 2018

Guenther Oettinger: la credibilità richiesta all'Europa e viceversa

  Guenther Oettinger, politico 64enne tedesco di lunga e prestigiosa carriera, iscritto da sempre alla Cdu, è stato Presidente del Baden -Wurttemberg, prima di assumere l'attuale incarico di Commissario al Bilancio dell'Unione Europea (Ue).

  Domenica, 2 settembre, siamo venuti a conoscerlo in una sua lunga intervista concessa all'editorialista di Corsera, Federico Fubini, sullo stato dell'arte dei rapporti fra Europa e l'Italia, nella quale l'imprinting dei suoi precedenti politici si mescola, più o meno efficacemente, con il linguaggio di alto burocrate per la funzione attualmente ricoperta.

  Per rispondere al quesito di un ipotizzato diniego italiano all'adempimento dei pagamenti previsti annualmente dal bilancio Ue, l'uomo politico tedesco ricorre al doppio argomento dell'interesse comune e del carattere obbligatorio delle norme europee.
 
  In coerenza del resto con quella che era stata la sua presa di posizione iniziale assunta per rispondere alle allusioni di Fubini (desunte da osservazioni riportate pubblicamente dall'agenzia di rating Fitch) sul crescente scontento, dell'opinione pubblica italiana e dello stesso suo Governo, verso l'Ue e l'euro.

  Il Commissario Oettinger, senza peritarsi minimamente di ritenere fondata almeno alcune delle tante doglianze sul tappeto, ricorre burocraticamente alla rigorosità del procedere della Commissione di cui è componente e ne sottolinea l'ampiezza di respiro che i presupposti di lungo periodo adottati  permettono naturalmente di acquisire.   

  La memoria di multe non comminate per trasgressioni evidenti del massimale del 3% di deficit sul prodotto interno, reiteratamente applicato da Francia, oppure la sempre inadempiuta condizione di investire le somme che esorbitano  il 6% dell'utile lordo, riguardante proprio la Germania, non fanno velo al sicuro argomentare del Commissario, che li omette serenamente.

  E' infatti su alcuni grandi temi che, forse per l'indisponibilità dell'intervistatore ad incalzare il Commissario al Bilancio, è concretamente opportuno concentrare la pubblica attenzione. 

   Lo stentato fraseggio, con cui il processo di sviluppo dell'euro zona viene pessimisticamente accompagnato, non solo da oggi, è la cartina di tornasole di un realtà ibrida che definiamo come Unione Europea, ma è invece la scaturigine primaria del fallito traguardo.                                     

  Sono soprattutto alcuni altri grandi temi che, forse per l'indisponibilità dell' intervistatore ad incalzare il Commissario al Bilancio, come invece era naturale accadesse, non vengono fatti semplicemente emergere. 

  Il primo è senza dubbio il divorzio che cancella ogni situazione di "par condicio" dei facenti parte dell'Unione: come era fatale accadesse dopo la rinuncia di fatto dei paesi aderenti al presupposto federalista della nuova Europa.   

  La cui auspicata conduzione politica, ad alto tasso democratico, sembra tuttora assai lontana nonostante il trascorrere di almeno quattro, cinque lustri.

  Segue subito dopo, da un punto di vista specifico, la criticità monetaria, il cui indizio più pertinente proviene dal vedere come i Paesi dell'euro-zona, con la sola eccezione tedesca (fino a quando?), non hanno registrato migliorie del loro Bilancio pubblico.

  Con la conseguenza acclarata di meccanismo di conversione concepito con criteri antitetici alla statistica ed all'aritmetica (per effetto di comparazioni delle monete basate sui loro listini dell'import export e non sul confronto ponderato del rispettivo potere d'acquisto).

  Ed il cui effetto, tuttora vigente, vanifica ogni posizione pro o contro l'euro, a prescindere dalla iniziale posizione, complica sempre più il problema e lo rende psicologicamente sempre più irresolubile.

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