Se con sincerità si intende mirare all'unità e coesione dei paesi europei, almeno da parte italiana, la scelta ufficiale di Governo finalizzata a tale scopo, non potrebbe esimersi dalla richiesta di revisione del meccanismo di conversione monetaria.
La moneta unica, da auspicato fattore di progressione politica unitaria di tutti i paesi ad essa aderenti, per delusione dei risultati ottenuti, è infatti divenuta, nell'immaginario collettivo prevalente, elemento primario di disfacimento dell'Unione europea, sul piano monetario ed istituzionale.
In Italia è sicuramente così ed i criteri applicati nel processo di conversione, per la stessa loro assurdità, rendono la circostanza oltremodo giustificabile.
Purtroppo, le opinioni prevalenti valutano tuttora la moneta unica come intrinsecamente uno sbaglio, complice soprattutto la diffusa convinzione che a determinare i valori di conversione delle monete dei diciannove paesi della zona euro, sia stato il calcolo della media ponderata dei valori delle rispettive monete di provenienza.
Una vulgata, quella della media ponderata, che non è mai stata smentita da tutti coloro che hanno avuto ed hanno responsabilità politiche ed amministrative nei paesi dell'Unione.
E' stata cioè taciuta una verità che, almeno in Italia, è alla base della lunga regressione economica del nostro paese.
Un silenzio parallelo all'omissione di ogni reazione, di cui furono contagiati tutti i politici responsabili, davanti all'incomprensibile modello di aggregazione dei paesi europei che caratterizza attualmente l'Unione. .
Il mancato traguardo della federazione europea, implicito nel messaggio di Ventotene e nell'ideale degli Stati Uniti d'Europa, da cui il percorso iniziò, era l'anno 1941, è infatti la seconda gravissima prova di immaturità di tutte le opinioni pubbliche europee, quella nostrana sopra tutte. .
Nel cui ambito tuttavia, qualche "opinion leader" di influenza mediatica - come Eugenio Scalfari nei suoi recenti editoriali su "la Repubblica", seppure in solitudine - ed esponenti politici di razza autentica, possono riuscire ad innescare un moto di generale resipiscenza di una storica negligenza e di possibile resurrezione dell'ideale federalista.
Se il Federalismo è un ideale fallito ma evidente ed inevitabile dati i suoi connotati di sistema ad elevato centralismo burocratico, la moneta unica, l'euro, è un ideale realizzato nel modo peggiore e di cui nessuno si duole, consapevolmente o meno: inspiegabilmente nemmeno i Sindacati dei lavoratori e degli industriali.
Con il paradossale risultato di una moneta unica che, sicuramente per l'Italia, ha funzionato come espropriazione permanente di potere d'acquisto di una moneta (la nostra) a vantaggio smisurato di un'altra (il marco tedesco).
Si è pervenuti alla moneta unica senza medie ponderate, comparando i listini di borsa delle transazioni commerciali import/export, con ricorso ad accordi su base bilaterale e senza alcuna discussione pubblica.
Nessun Governo ha sentito il decoro di contestare il rapporto oggettivamente leonino subito dalla nostra lira, in una fase politica nella quale Prodi (con Ciampi, tutto il Governo, Bankitalia, etc.) concordò con Helmut Kohl i rapporti di cambio fra lira e marco.
Ce lo racconta candidamente lo stesso Prodi (pag. 94 di "Missione Incompiuta", ED. Laterza, 2015), descrivendo con pochi colpi di penna la sua madornale distrazione concettuale con conseguenze economiche, a parte le guerre, forse incomparabili nella storia di tutti i nostri trattati.
Che ha visto il nostro paese, forse il più sfortunato, per coscienti ed incoscienti discrasie dell'incredibile meccanismo messo in essere, fatalmente destinato, salvo un colpo di reni di orgogliosa dignità, a degradare definitivamente a paese di servizio.
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