mercoledì 3 ottobre 2018

Surreale anamnesi del caos della politica economica europea

Il Governo giallo verde sarà ricordato come quello della definitiva resa italiana al decoro delle buone creanze diplomatiche e dell'offesa sistematica ai principi della partita doppia. 

 

In verità non sarebbe giusto parlare di resa italiana, in quanto i misfatti tecnici ed istituzionali già perpetrati e quelli futuri, non dovranno a rigore essere caricati sulla opinione pubblica genericamente intesa. 


Le responsabilità dell'elettorato sono certamente intrinseche alle scelte politiche effettuate, ma non sono estensibili fino al concorso di colpa.      


Ciò scontato, l'immagine generale del paese subirà tuttavia una ulteriore caduta di credibilità, sul piano complessivo delle modalità procedurali, diplomatiche e politiche con cui il Governo (ignoriamo se con autentico impegno) si sta cimentando nel suo primo impegno fondamentale, quello del  consenso europeo al bilancio italiano del prossimo triennio.


Paradossalmente questo avviene in diretta corrispondenza con un comportamento degli esponenti politici delle Commissioni europee, a loro volta sempre più compiaciuti di formulare sarcastiche dichiarazioni inerenti alle inadempienze del Governo italiano, generalmente riconducibili al suo  peccato capitale per eccellenza, l'elevatezza ed il continuo accrescimento del Debito Pubblico.

 

Purtroppo, nella circostanza, in buona misura giustificate dalle allusioni stizzite dei due vice premier italiani, Di Maio e Salvini, richieste degli organismi europei ma soprattutto dalla singolarità di comportamento di Giovanni Tria, responsabile del Ministero di Economia e Finanza (Mef).

         

La vicenda di Giovanni Tria, in trasferta a Bruxelles per partecipare ad un consesso inter governativo (Ecofin), privo dei documenti essenziali di sua competenza per il tema stesso del Congresso (analisi dei bilanci nazionali degli aderenti all'Eur), e pertanto auto costrettosi a rientrare nella sua sede ministeriale romana per poterli approntare, rimarrà certo nella storia come fatto emblematico della nostra dilettantesca politica europea. 

  

L'episodio è infatti tanto più grottesco in quanto notoriamente lo stesso Ministro era ritenuto altamente affidabile negli ambienti italiani ed europei, per la sua fama di studioso ed ancor più per la sua conclamata contrarietà nei confronti delle previste "cifre di piede" (il totale delle spese e delle entrate) del Bilancio di sua competenza, rese note dalle agenzie di stampa il giorno precedente.

   

Tutto ciò premesso, per dovere di oggettività, non possiamo tacere quante sia lastricato di criticità il percorso seguito finora nella edificazione dell'unione europea e quanto sia attribuibile, non solo al nostro ma a tutti i Governi che a quella iniziativa hanno aderito.


E' cinico il destino europeo che, messo in dimenticatoio il presupposto federalista, sembra ormai intento ad evocare il tracollo definitivo della moneta unica. 


Forse la sulfurea prospettiva di una biblica caduta dell'assetto europeo e della sua moneta, è  iniziata dal nostro paese, avvalendosi, come efficacissima strategia di demolizione, di una coalizione insediatasi al Governo, con obiettivi politici rispettivamente antitetici e con pretese di duplici o triplici verità reciprocamente incompatibili (che sono tutt'altro che un requisito esclusivo del ministro Tria).  


Quel poco di ottimismo ancora disponibile, sulle sorti future dell'integrazione europea, dipende  dipende ormai da uno sforzo di volontà e di dialogo dei rappresentati politici europei ed italiani.


Che tuttavia implica una revisione radicale del percorso seguito finora, istituzionalmente inqualificabile; quanto meno nel dare una risposta alla domanda del perché e da chi è stata tacitamente presa la decisione di prescindere dall'assetto federalista. 


In secondo luogo, si dimostri la fondatezza di un meccanismo monetario che ha concepito la moneta unica sulla specifica ed esclusiva comparazione del valore dei rispettivi listini  dell'import export, invece che con il confronto reciproco e ponderato dei rispettivi poteri d'acquisto. 


E' invece assolutamente certo che la prosecuzione di una politica europea con i disordinati criteri seguiti acriticamente fin qui, non può che condurre al declino irreversibile della missione di Europa, durata ormai oltre due millenni e mezzo.           

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