domenica 28 ottobre 2018

La vulgata del livello di risparmio privato italiano e le inerenti prospettive

Nel gran dissertare, non di rado fremebondo, sullo stato dell'arte del Debito pubblico italiano, e delle pessimistiche prospettive da esso derivanti per i suoi parossistici livelli, è sempre più frequente l'indicazione di un efficacissimo contrappeso, rappresentato precisamente dalla  grande risorsa del risparmio privato italiano.

Si afferma infatti convintamente, senza incontrare obiezioni specifiche di fondatezza, che l'entità di tale risparmio raggiunge, o addirittura largamente supera, un ammontare doppio di quello del Debito pubblico.

Cioè, traducendo in cifre, considerando che il livello ufficialmente accertato del Debito si aggira intorno a 2 mila trecento miliardi di euro, l'ammontare complessivo del risparmio privato si apposterebbe assai vicino all'importo di 4.500 miliardi.

Se tale importo risultasse effettivo, sarebbe difficile negare che la situazione del bilancio pubblico nazionale potrebbe risultare suscettibile di notevoli miglioramenti. 

Sarebbe anzi legittimo contestare alla nostra classe politica di avere troppo a lungo esitato a provvedere da tempo alle idonee misure per contrastare l'aumento del Debito pubblico, sia per assecondare le regole di Maastricht e successive modifiche, sia per l'immagine internazionale del Paese.

Un prelievo forzoso articolato dal 15 al 25 % del risparmio privato monetario, caratterizzato come  prestito allo Stato, all'interesse dello 0,5% per un congruo periodo di 6 o 7 lustri prima della scadenza, potrebbe infatti conferire allo Stato, una somma assai prossima ai 1.000 miliardi.

Tale cifra, senza aggravi eccessivi di oneri per i risparmiatori (il cui risparmio liquido non trova attualmente coefficienti di sicura redditività superiore), eviterebbe l'antipatico stigma di una espropriazione e taciterebbe le quotidiane doglianze dei partners europei.

La circostanza potrebbe infatti consentire una pianificazione successiva del Debito, fino al suo rientro nei parametri che limitano il Debito pubblico nazionale entro e non oltre il 60% del Pil.

Certamente l'operazione funzionerebbe da calmiere anche nei confronti del nostro principale antagonista, il meccanismo dello spread.

E parimenti consentirebbe miglioramento di rapporti con gli altri paesi aderenti alla moneta unica e quindi l'ipotesi, per noi vitale, di una revisione del famigerato metodo di conversione che l'ha fatta nascere. 

Ma due interrogativi incombono su tale non del tutto immotivato ottimismo.

Le cifre del risparmio privato sono realisticamente effettive e, soprattutto, sono esse al lordo od al netto dello speculare debito privato?       

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