martedì 31 marzo 2020

Quella lettera ai tedeschi e l'aggiunta (nostra) determinante di una conversione monetaria assurda

   La lettera ai tedeschi (al popolo tedesco, più precisamente) è firmata da un gruppo numeroso di dodici amministrat.ori di Regione e di Comune di varia appartenenza politica, e come primo firmatario, da un parlamentare europeo, Carlo Calenda.

   Gli altri sono; Stefano Bonaccini (governatore Emilia), Giovanni Toti (governatore Liguria), Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia), Marco Bucci (sindaco Genova), Valeria Mancinelli (sindaco Ancona), Virginio Merola (sindaco Bologna), Giuseppe Sala (sindaco Milano), Emilio Del Bono (sindaco Brescia), Sergio Giordani (sindaco Padova), Giorgio Gori (sindaco Bergamo) e Francesco Italia (sindaco Siracusa).       

    La lettera - pubblicata oggi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung - espone, con sobrietà e decoro,  alcune verità della storia tedesca, che non possono rimanere senza risposta, almeno nell'animo di coloro che la leggeranno.

   Verità che sarebbe non solo insufficiente ma fuorviante interpretare come strumentali alla natura delle decisioni, poi rinviate, che la conferenza telematica di venerdì scorso dei capi di Governo dell'Unione, doveva assumere per fronteggiare le gravissime conseguenze dell'epidemia di coronavirus.

   La memoria, dice la lettera, aiuta a prendere la decisione giusta: come appunto il ricordo di quando, anche per l'atteggiamento italiano, fu deciso (Londra, 1953) da ventun paesi la remissione di circa metà del debito tedesco, quale risarcimento dei danni di guerra.

   L'episodio, che dovrebbe fondamentalmente significare che la storia europea sarebbe stata assai diversa, quella tedesca soprattutto, è in pieno parallelismo con la situazione presente, di dramma sanitario globale ma pure di crisi economica incombente, su base nazionale ed internazionale.

   Ma soprattutto di un intervento che socializzi il fabbisogno finanziario dei singoli paesi, nel bilancio europeo, secondo principi di solidarietà.

   Discettare sul carattere nazionalistico della lettera, in apparenza legittimo (gli autori della lettera fanno parte di tutto l'arco politico nazionale) non toglie validità alla posizione degli autori della lettera.

   Che l'Italia, nella gerarchia internazionale degli ultimi 5 o 6  lustri, registri un ininterrotto declino, perché oberato da un debito pubblico in continua crescita da almeno quattro lustri, è un fatto che non è stato affatto analizzato nelle sue autentiche motivazioni.

   Anche stavolta, infatti, l'iniziativa di affrontare un concorso di contributi finanziari, imputandone una parte consistente al bilancio dell'Unione, non si rivolge al nodo storicamente più confacente alla spiegazione del nostro collasso.

   Cioè al meccanismo di conversione delle monete europee nella moneta unica, l'euro.

   Dove la svalutazione della nostra moneta, la lira, inspiegabilmente e con il compiaciuto consenso, delle nostre autorità competenti, subì una svalutazione che, tuttora operante, è all'origine del nostro continuo e matematico regresso.     

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