Talvolta è difficile vincere la sensazione che il procedere, o meglio, il retrocedere, dell'economia del nostro paese sia vittima di una sorta di inconscio e autolesionistico declino collettivo.
Oppure, viceversa, è forse più ragionevole riconoscere che sussistano motivi che rendono inevitabile il costante indietreggiare ed il fuoriuscire conseguente delle imprese dal perimetro della loro geografia naturale.
Le comparazioni delle nostre con le imprese similari, nella vastità del loro comparto globale, fanno chiaramente emergere un duplice e sconfortante dato di fatto.
Intervengono infatti due articoli odierni, di "Corriere Economia" e "Affari e Finanza la Repubblica", che ci aggiornano rispettivamente sulle classifiche mondiali di imprese quotate in borsa, e sulla decrescita costante del valore delle quotazioni dei listini di Piazza Affari, la maggiore borsa italiana.
Siamo infatti resi edotti (la Repubblica") che, nel novero prescelto di duemila imprese mondiali, quelle targate Italia ed inserite in tale elenco, non superano il numero di 30 e soprattutto che nessuna di esse è compresa nelle 100 più importanti (mentre 7 sono tedesche, 5 francesi e 2 spagnole, 1 olandese e 1 belga).
Ma è l'incrocio con le statistiche delle quotazioni relative a Piazza Affari, precisamente con il valore complessivo delle quotazioni comparate nel tempo e che ci dice eloquentemente come esso, alla luce dei listini attuali, si sia dimezzato: il valore delle quotazioni (810 miliardi nel duemila) ora si è ridotto a livello di 461 miliardi.
Questo per il convergere di imprese che regrediscono nella loro redditività ma anche forse più di imprese che optano di essere quotate in borse di altri paesi, meglio attrezzate per adeguatezza di servizi e presenza fertile di provveduti investitori.
Il che implica importanti riflessioni sulla propensione e soprattutto nelle disponibilità del capitale di rischio dei singoli mercati (Francoforte, Parigi, Londra, Wall Street ...).
Ma può trovarsi capitale disponibile a finanziare imprese soprattutto a titolo di finanziamento e non speculativo, considerato il salasso subito dal nostro paese, da una politica monetaria che ha accettato le peggiori condizioni per l'ammissione nella moneta unica?
Ce lo conferma in questi giorni la Luxottica che, fondendosi con la sua omologa impresa francese, opterà di lasciare Piazza Affari ed iscriversi alla Borsa di Parigi: dove è assai diffuso il piccolo ma accorto risparmio privato, disposto a finanziare imprese produttive in cui ripongono meditata e meritata fiducia.
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