lunedì 30 gennaio 2017

Esclusiva de " l'Espresso ": un tesoro super miliardario (in lire) rimasto nascosto

E' intrigante la storia di una montagna di 5.000 miliardi, in vecchie lire italiane, stipati in un deposito sconosciuto, come frutto di operazioni reiterate di presunta evasione fiscale, da un cospicuo numero di speculatori di identità ignota.

Di tale storia ci informa - "l'Espresso del 8 gennaio scorso - un avvocato 72 enne, Luciano Faraon, con studio nel comune di Spinea, ubicato nella campagna veneziana.

L'avvocato Faraon, oltre a rappresentare i proprietari del tesoro miliardario, non ha alcuna remora a dichiarare ai due giornalisti de "l'Espresso" - Giovanni Tizian e Stefano Vergine - la genesi sopra menzionata (l'evasione fiscale) di tutti quei soldi.

Ma non esita ad illustrare, ai due giornalisti, de "l'Espresso" i presupposti di legge che rendono, per prescrizione del reato, pienamente convertibile quella massa di moneta.

Tali presupposti scaturiscono infatti da una sentenza della Corte Costituzionale del 2015 che sopprimeva, appunto perché anticostituzionale, la norma varata dal Governo Monti che aveva anticipato, al 6 dicembre 2011, la scadenza ultima di tre mesi per la conversione della lira in euro, originalmente fissata al 28 febbraio 2012.

In punta di diritto, secondo il punto di vista dell'avvocato Faraon, tale norma, poi decaduta per anticostituzionalità. avrebbe riaperto i termini di conversione delle lire eventualmente ancora in circolazione, e specificamente della massa di 5.000 miliardi di lire - e potenzialmente di due miliardi e mezzo di euro - di cui sono proprietari i clienti suoi e da lui solo conosciuti.  

Questo concisamente ci racconta l'Espresso del 8 gennaio u.s., che ulteriormente ci dettaglia anche gli sforzi in corso per rendere possibile tale operazione ed i protagonisti in campo, istituzionali e privati, svizzeri e italiani, tesi a realizzare (o impedire) tale finalità.

Ma a prescindere dagli sviluppi di tale, solo apparentemente incredibile, vicenda è inevitabile riflettere sulla già sottolineata scompostezza con cui è stata effettuata l'operazione complessiva della conversione della lira.

Quando cioè la dovuta attenzione al rapporto di cambio, fallita nei suoi criteri fondamentali, è stata purtroppo altrettanto malamente accompagnata nella determinazione della massa monetaria delle rispettive monete in circolazione: nella fattispecie della lira (penalizzata) e del marco tedesco (avvantaggiato).

E' infatti accettabile, sul piano monetario oltre che penale, che una massa di moneta come quella raccontata da l'Espresso, quasi lo 0,5 percento del Pil italiano, possa essere risultata completamente ignorata ?

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