domenica 23 aprile 2017

E' ipotizzabile un sussulto di verità contro i declassamenti dei nostri conti pubblici operati dalle agenzie di rating ?

In un momento di altissima suspense politica europea (siamo a poche ore dall'esito del primo turno delle elezioni presidenziali francesi), l'agenzia internazionale Fitch ha ritenuto di dirottare un segmento dell'attenzione generale, operando un nuovo taglio al rating del nostro paese.

Da New York, nella conferenza stampa conclusiva dell'assemblea del G20 (acronimo significante "Gruppo 20 paesi capitalisti" economicamente più forti) i nostri due rappresentanti, Pier Carlo Padoan (ministro Mef) ed Ignazio Visco (Governatore Bankitalia), non hanno esitato ad interpretare la nuova retrocessione italiana in chiave politica, a respingere il peggioramento costante del debito pubblico e quindi a "non commentare i commenti".

Con quale efficacia, per limitare il conseguente nocumento della valutazione di Fitch, è legittimo esprimere dubbi più che legittimi.      

A loro si è unito l'ex dirigente sindacale, ora sottosegretario all'Economia e Finanza, Pier Paolo Baretta, che pur assente dall'incontro di New York, ha ritenuto, in intervista odierna su Corsera, di derubricare a "non convincente giudizio politico e non economico" la valutazione di Fitch.

Nel riportare queste reazioni, come cittadini civicamente interessati alla cosa pubblica, non vogliamo esimerci dall'esprimere il più profondo e severo disappunto nel riscontrare il contemporaneo parallelismo dell'inconcludente argomentare, dei nostri rappresentanti, con il carente rigore con cui operarono (e fatalmente operano) Fitch e tutte le omologhe Agenzie internazionali, note (Moody's, Standard e Poor's, che con Fitch formano un monopolio di fatto) e meno note.

Oltre a ricordare tutte le obiezioni sull'euro che, a suo tempo, trovarono udienza in Bankitalia trovarono udienza a suo tempo e mai doverosamente proposte come tema di dibattito pubblico, il ministro Padoan non può aver dimenticato l'incarico, da lui ricevuto ed assolto, di coordinare un gruppo di esperti per una ricerca sull'euro.

Ricerca che fu subito trasferita in un libro diffuso con il super impegnativo titolo: "L'Euro, Moneta Europea, Moneta Mondiale" (Quaderni del CEr - Centro europeo di Ricerche - febbraio 1998).

Tale libro (con premessa di Giorgio Ruffolo e di cui Padoan scrisse il primo capitolo e la post fazione), fu stampato in stretta coincidenza di tempo con la gestazione e l'atto di nascita della moneta unica europea (3 maggio 1998).

L'euro elaborato dal gruppo di esperti coordinato da Padoan, è infatti totalmente incomparabile con l'euro venuto concretamente alla luce, secondo accordi del primo semestre del '98, fra il cancelliere tedesco Helmuth Khol ed il nostro premier Romano Prodi (e poi lievemente modificati da Massimo D'Alema, a lui subentrato).

La distanza che infatti esiste fra il meccanismo di conversione della lira nell'euro, è sicuramente analoga quella che sussiste fra l'astronomia di Tolomeo e quella di Copernico e necessariamente Pier Carlo Padoan doveva (e deve) esserne consapevole, salva l'ipotesi di una sua radicale amnesia ed i dubbi conseguenti sulle sue competenze ministeriali.

Con la favola diffusa su un meccanismo di conversione fondato sulla media ponderata, di fatto chiaramente disatteso e contraddetto, si è verificata una distrazione di massa dal "come" si è fabbricato l'euro (con errori aritmetici radicali) ed una simmetrica e bizantina concentrazione sull'accettazione filosofica e/o giuridica, favorevole o sfavorevole alla moneta unica.

Ma, last but not least, è infine decoroso che anche le agenzie di rating di tutto il mondo, quelle citate in particolare, oltre a determinare la credibilità presente e futura delle istituzioni finanziarie pubbliche e private di tutto il mondo, non abbiano mai sentito la responsabilità di sottoporre a vaglio critico i metodi di conversione monetaria del ricco continente europeo e soprattutto di rendere i loro pareri, quali che potessero essere, universalmente noti ?

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