sabato 1 aprile 2017

Un disegno di legge, come confessa impotenza del corpo legislativo

Un disegno di legge istitutivo di una commissione bicamerale finalizzata ad una inchiesta sul mondo del credito italiano, è stato presentato giovedì 30 marzo u.s., dando concretezza ad un proposito espresso, in sede parlamentare, fin dall'inizio della legislatura.

Appunto nel dì del 30 aprile 2013, il senatore del M5s Carlo Martelli depositava un disegno di legge (ddl) per chiedere al Parlamento di formare una commissione per indagare sulle, già allora note, "traversie finanziarie" del Monte dei Paschi di Siena.

Da allora, fu tutto un prosieguo di eventi rovinosi (quali le crisi di Banca Etruria, delle Casse di Risparmio di Rieti, di Ferrara e di Ancona e quelle, recenti ed altrettanto delicate, di Vicenza e di Anton Veneta), e di una quindicina di parallele iniziative parlamentari, da cui tuttavia non sortì alcun risultato.

E' tuttavia bastata una dichiarazione, assai tardiva, di Matteo Renzi (intenzionato a togliersi addirittura "una cava di sassolini dalle scarpe" in favore dell'istituenda Commissione), ha rimosso ogni ostacolo.

Sulla base di essa, il senatore del Pd Mauro Maria Marino, nella qualità di presidente della commissione Finanze, ha potuto infatti presentare il testo di disegno di legge relativo, che ne predetermina la conclusione dei lavori entro un anno (cioè prima dello scioglimento naturale della legislatura).  
 
Sarebbe assurdo, salvo il ritardo con cui tale Commissione entra in vigore, non compiacersi di tale iniziativa, anche avendo presente che il Governo ha ben poco concretizzato in rapporto a consapevoli strategie di superamento delle crisi sopra elencate od a rassegnate ipotesi di ricorso a procedure fallimentari (eventualmente aggravate da fraudolenza).  

E' comunque disarmante che un migliaio di parlamentari assistano, di fatto passivamente, ad una fotografia del mondo bancario - e soprattutto di gran parte della sua classe dirigente - così allarmante.

Se poi è legittimo interpretare che tale circostanza derivi specificamente dall'esasperato stato conflittuale della resa dei conti fra Renzi e D'Alema ("il Fatto Quotidiano" del 31 marzo u.s., a firma di L.Cerasa), ciò insinua il triste sospetto che le cose vere non sempre riescano ad emergere per loro forza intrinseca, ma più verosimilmente per scontri di potere o volontà di vendetta.
 
La conseguenza che se ne deve trarre non è comunque peggiore di quella che deduciamo dalla passività assoluta con cui, fin dal 1998 non seppe, non volle, comunque non ritenne di sottoporre ad esame o di minima verifica, della decisione od almeno del modo con cui si addivenne alla conversione della lira nella moneta unica europea.

Un atto omissivo, politicamente e metodologicamente, di cui per paradosso, portano la loro responsabilità perfino coloro che furono e tuttora sono ostili o contrari alla moneta unica e non seppero cogliere l'abissale criticità di quel meccanismo di conversione.

Ai quali aggiungiamo persino i lettori di quell'interessante intervista a Romano Prodi (Editori Laterza) dello scorso anno, laddove, con stupefacente candore, milioni di italiani sono resi edotti delle modalità con cui, negli ultimi tre lustri, il loro lavoro ed i loro risparmi sono stati trattati.        

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