domenica 14 maggio 2017

Vertice di Bari dei G7: iI raro (ed ingiustificato) viso sorridente di Pier Carlo Padoan

Dobbiamo sentirci compiaciuti di scorgere, forse per la prima volta, un viso insolitamente disteso e sorridente di Pier Carlo Padoan.

Registriamo la circostanza nella foto ufficiale che lo ritrae nel gruppo dei ministri finanziari del G7 - con i rispettivi collaboratori - e la presenza aggiuntiva di Mario Daghi (Bce) e di Christine Lagarde
(Fmi), alla conclusione dell'incontro di Bari del 12 e 13 maggio.

Oltre al gratificante compito di avere presieduto tale eminente riunione di lavoro, Pier Carlo Padoan si sentiva presumibilmente soddisfatto di un duplice risultato, inizialmente tutt'altro che scontato.

Il nostro ministro, come già in passato e forse per primo, ma sicuramente con successiva maggior persistenza, aveva infatti riproposto all'ordine del giorno dei G7 il tema delicato della tassazione dei grandi gruppi internazionali, di riconosciuto predominio, dell'economia digitale.

Una tassazione cioè che, secondo il nostro ministro, dovrebbe sottostare ad un unico principio di applicazione internazionale, che fa cioè coincidere la sua legittimazione solo se in corrispondenza geografica con il paese in cui il reddito prodotto ha la sua fonte.

In tale cornice, superando temporaneamente una non facilmente superabile riluttanza del gruppo diplomatico degli Usa (cui sono in gran parte riconducibili le più rilevanti imprese digitali), i G7 hanno deciso alla fine di demandare all'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) il compito di approntare una primo schema di fattibilità.

Ma forse, intimamente, Pier Carlo Padoan, si trovava altrettanto, se non più soddisfatto, dell'imprevista dichiarazione verbale con cui il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, non aveva esitato a dichiarare che, ogni qualvolta conferisce con il ministro italiano, avverte una attenuazione delle sue preoccupazioni per l'Italia.

Sotto questo secondo aspetto, tuttavia, non ci sentiamo affatto di condividere la soddisfazione di Padoan e tanto meno il diffuso compiacimento riferito dalla maggioranza della nostra stampa.

Al contrario siamo indotti allo stupore nel constatare come Padoan sia tecnicamente e politicamente tuttora così disarmato da reiterare, una volta ancora, una subalternità di fatto, fino a rasentare una sorta di vassallaggio psicologico, agli interessi dell'economia tedesca.

Come in precedenza abbiamo in varie occasioni esplicitamente riferito, Padoan, infatti, già in concomitanza con la conversione della lira e con l'errore fondamentalmente commesso da Prodi (aprile 1998), possedeva infatti tutti gli strumenti di conoscenza (ed adeguata referenza politica) per poter capire ed apertamente contestare il carattere leonino di quell'accordo e l'incalcolabile danno, tuttora perdurante, che derivò alla nostra economia.

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