giovedì 27 luglio 2017

La timidezza italiana e l'arbitrarietà francese nel quadro unitario europeo

E' forse unanime lo scoraggiamento per il modo di comportarsi del governo francese nella questione libica (con l'appendice nei negoziati per i cantieri navali di Saint Nazaire).

Non può tuttavia essere valutata efficace, sia in sede politica come giornalistica, una reazione che tende ad identificarsi principalmente con il nocumento che ne è derivato per il nostro paese.

E' indubbio che il prezzo della caduta di prestigio dell'immagine politica italiana, nel quadro europeo ed internazionale, specie in connessione a tutta la vicenda politica libica, dalla caduta di Gheddafi in poi, è di portata incommensurabile.

La scelta di fare buon viso a cattivo gioco può spiegarsi solo nella rapidità dell'azione francese e nello sbalordimento di cui il nostro Governo è stato conseguente vittima: fino ad indurre il nostro Presidente del consiglio, ad esprimere addirittura compiacimento per l'iniziativa dei nostri cugini d'oltralpe.

Ed è qui dove si registra la debolezza della nostra politica estera ed il suo punto di massima vulnerabilità.

Tutto il processo di costruzione dell'Unione europea è stato infatti, per la verità, contrassegnato da scelte e comportamenti ispirati essenzialmente, salvo nelle dichiarazioni ufficiali, al perseguimento degli interessi nazionali.

Ma in circostanze visibili di violazione di procedure e di correttezza diplomatica, come reiteratamente, fin dall'inizio, tutto l'affare libico si è caratterizzato nei nostri riguardi, non deve rinchiudersi nel pur legittimo recinto degli interessi nazionali offesi.

La reazione politica deve scaturire dalla inaccettabilità di comportamenti, come appunto quello del Presidente francese Emmanuel Macron (e dei suoi predecessori), perché essi compromettono la ragione di fondo dello stare insieme istituzionalmente, in senso europeo.

Siamo ben lungi dal riferirci ad energici scatti di nazionalismo offeso, che comunque rischierebbero di scadere in una contesa di carattere avvocatesco, in cui sarebbe arduo (e solo se o meno conveniente) per gli altri paesi prendere posizione.

Non sarebbe invece almeno politicamente significativo, se la nostra Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera europea, pronunciasse decorosamente le dimissioni per chiare motivazioni unitarie, profondamente disattese?        

Nessun commento:

Posta un commento