mercoledì 20 febbraio 2019

Il paradossale procedere istituzionale del nostro paese nei confronti dell'Europa

Abbiamo imboccato un nuovo percorso critico, intrapreso formalmente da tre "ricche" regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia, ma assai coerente con la vocazione di un paese il cui Governo sembra trovare nelle contraddizioni la sua identità.

Curiosa circostanza: tre regioni, due di centro destra ed una di centro sinistra, nel bel mezzo di una crisi economica ormai acclarata, di una crescente fragilità politica interna ed estera e nell'imminenza  di una consultazione elettorale ricca di incognite, rilanciano su larga scala l'autonomismo regionale.

Per alcuni decenni, abbiamo assistito silenti ad un processo di costruzione politica dell'unità europea, di cui siamo stati ideologicamente precursori (Manifesto di Ventotene) e successivamente cofondatori.

Un processo che invece, nel silenzio generale di tutta la classe dirigente europea, ma soprattutto nostra, ha abdicato ai presupposti istituzionali federalisti che lo dovevano informare.

Ora, quasi inconsapevoli della profondità della crisi in cui siamo immersi, dovremmo intraprendere un percorso che prefigura una fattispecie di federalismo italiano su base regionale.

Che esso possa rappresentare nel subconscio una sorta di recupero compensativo di una occasione fallita, è solo una supposizione gratuita e comunque, oggi, l'intraprendere l'autonomia regionale è solo una fuga dalla realtà nazionale ed europea.

Già dalle prime battute essa è fomite evidente di ulteriore disunione politica all'interno stesso delle già provate forze politiche, ma ancor più della compattezza sociale del paese tutto.

A prescindere dalle reali finalità, l'integrazione perseguita finora ha contraddetto ogni principio di solidarismo, prerogativa imprescindibile di una realtà politica nuova ma soprattutto innovativa, in un mondo di relazioni ad alto grado di connessione reciproca ed immediata, cioè globalizzato.

E' fatale che, in assenza di un disegno istituzionale preciso, ogni accordo internazionale - come appunto l'Unione europea - abbia assunto connotati essenzialmente basati sulla preponderanza politica ed economica di ciascuno degli stati aderenti.

Lo dimostra lo stato dell'arte di disfunzione e di conflittualità, raggiunto dal problema migratorio fra i vari Stati europei, il cui livello sarebbe stato inconcepibile in un quadro istituzionale federale, cioè dotato di un potere centrale.       

Innegabilmente, questo è esattamente ciò che non è avvenuto e sappiamo benissimo quale sia stato il prezzo pagato, per seguire un modello di integrazione che sfugge ad ogni canone istituzionale dottrinalmente riconosciuto.

Anche quei paesi che finora hanno derivato benefici, nell'Europa di oggi, possono facilmente capire come, in uno scenario planetario, sia corta la credibilità di una entità continentale come quella messa in campo a Bruxelles.

Senza la consapevolezza di doversi comparare con le altre realtà politiche globali, antiche ed emergenti, e solo se e quando saranno archiviati gli egoismi millenari della storia dei paesi che la compongono, l'Europa potrà svolgere una sua autentica missione di civiltà.

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