La sequenza di dichiarazioni e interviste che ha costellato in questi giorni le prime pagine dei giornali e dei canali televisivi, scaturite dall'intenzione di crescente impegno politico di Maurizio Landini, segretario nazionale dei metalmeccanici, ha efficacemente funzionato da cartina di tornasole per decifrare la ristrettezza di concezione politica e costituzionale di Matteo Renzi, capo del Governo.
L'ipotesi dell'ingresso politico diretto del capo della Fiom ha provocato infatti un suo incauto intervento volto a derubricare tale intenzione a pura ricerca di compensazione per le sconfitte subite, come dirigente sindacale, e così definite peraltro del tutto gratuitamente.
Landini ha avuto buon gioco nel rilevare che l'impegno politico non si identifica con una professione ed una carriera.
Esso si esercita implicitamente ed essenzialmente proprio nell'espletamento dell'attività lavorativa, già di per sé credenziale primaria del diritto di interpretare i rapporti sociali e di rivendicarne la trasformazione ed il miglioramento.
La nobiltà dell'impegno politico promana proprio da questo dato, cioè l'essere espletata da chi ha le carte in regola sul piano della sua partecipazione effettiva alla ricchezza ed al reddito nazionale, e quindi alla sua distribuzione: secondo i principi della stessa Costituzione.
In questo quadro, nella rinnovata visione di un ampliamento dell'arco del panorama politico, ci sarebbe piaciuto, ma soprattutto ci piacerebbe tuttora, che Landini ed il mondo sindacale tutto, avessero detto la loro, quando, tre lustri or sono, si verificò la conversione della lira in euro.
Quella conversione che produsse, e continua a produrre, una incalcolabile espropriazione del potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati, come questo blog tenta specificamente di denunciare.
Eppure, il mondo del lavoro tacque e continua a tacere.
Nessun commento:
Posta un commento