venerdì 16 settembre 2016

Debito pubblico italiano a 2.252 mld di euro: si può sperare che finalmente si ricerchino le cause essenziali?

Dopo circa quattro settimane, il debito pubblico italiano è cresciuto di altri 3,200 miliardi, passando da 2.248,800 a 2.252 miliardi.

C'è ormai solo da sperare che la sua incessante crescita riesca a suscitare il sospetto in qualche esponente politico che qualcosa di occulto vanifichi ogni sforzo del Governo per la sua diminuzione.

Oppure che sia quasi augurabile che il debito, aumentando costantemente, renda evidente la sua irreversibilità ed i nostri amici burocrati di Bruxelles, consapevoli della sua fatale irrimediabilità, siano indotti a qualche concordato con l'Unione, ovviamente a nostro favore.  

Negli oltre 180 post di questo blog, e specificamente nella pagina "Perché questo blog", è forse possibile rendersi conto degli errori, o momenti di confusione, o abili raggiri altrui, in cui, è nostra convinzione, sono incorsi coloro che, nel primo quadrimestre del 1998, concordarono la cifra di conversione della moneta italiana con 1 euro, la neo moneta unica europea, secondo il controvalore di 1.936, 27 lire.

Come osservazione preliminare, si può sottolineare come non vera la vulgata che, anche recentemente, racconta che gli undici paesi che inizialmente aderirono alla moneta unica, operarono una media ponderata dei valori delle rispettive monete.

O almeno non fu vero per la lira (e quindi automaticamente per nessuna delle altre monete) che fu invece valorizzata in rapporto esclusivo con il marco, secondo valutazioni attinte alle quotazioni import/export degli scambi commerciali italo tedeschi.

Ma anche ammesso tale criterio, non si tenne assolutamente conto di almeno due variabili che concorsero a penalizzare ampiamente il valore della lira: a) il massiccio ricorso italiano al meccanismo della svalutazione competitiva e b) il confronto del volume delle masse monetarie circolanti al momento della conversione e la loro conseguente ed enorme influenza sul potere d'acquisto, di segno opposto, delle due categorie di detentori della lira e del marco.

A questo sopruso iniziale, cioè l'espropriazione del potere d'acquisto della lira, hanno concorso i
due accordi successivi relativi al "Fiscal compact" ed al "Bail in" e che hanno siglato la definitiva cancellazione di ogni sovranità monetaria del nostro paese.

Il tutto in una cornice istituzionale radicalmente distante da ogni connotato federalista e nella vanificazione degli sforzi, presunti o effettivi, dei Governi dei trascorsi tre lustri come dei connessi sacrifici dei contribuenti italiani ma soprattutto nella constatazione generale di regressione di tutta l'economia italiana dopo l'avvento dell'euro.                    

Una strategia perfetta, una colonizzazione camuffata con l'innovazione di un rapporto feudale di tipo monetario ed i cui esponenti politici, consapevolmente o meno, non esitano a recare omaggi floreali davanti ai busti degli autori del messaggio europeista di Ventotene.    

In varie occasioni abbiamo confrontato pubblicamente i nostri punti di vista con esponenti politici e noti economisti, di ora e di allora, ma nessuna contestazione è stata nemmeno tentata per rispondere alla critica radicale delle modalità di costruzione dell'euro, che da molto tempo, come "vox clamans in deserto" e che, da quasi due anni, sul presente blog, vengono costantemente denunciate.

Siamo consapevoli che le probabilità di rompere il muro di silenzio non sono molte, ma assecondare una verità ritenuta fondata, è comunque gratificante.

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