domenica 25 settembre 2016

Il grande surplus commerciale tedesco ed i suoi vantaggiosissimi presupposti monetari

Il premier italiano Matteo Renzi, contrariato da una apparente esclusione dal novero degli esponenti leader dell'Unione europea, condiviso con A.Merkel e F.Holland, ha scelto di reagire, in nome proprio e soprattutto del paese che rappresenta, con una duplice e netta contestazione.

La prima è relativa al mancato accoglimento della richiesta di maggior flessibilità, rispetto ai parametri di Maastricht, e consumato in modo non elegante nell'incontro di Bratislava.

La seconda finalizzata a denunciare l'asimmetria dei trattamenti più benevoli usati a favore di altri membri dell'Unione ma, specificamente, della Germania, finora indisponibile a corrispondere il dovuto contributo, in rapporto alle sue reiterate e lusinghiere performance di costante superamento del 6% del rapporto fra i rispettivi Pil e Debito pubblico.
   
E' tuttavia ipotesi diffusa che il vero motivo della reazione di Renzi, scaturisca dalla ispirazione tattica di creare l'immagine di un ulteriore rivale esterno, la Germania, per simmetria con quello interno, visibilmente identificabile nel Movimento 5 stelle.

Con il verisimile obiettivo, nel clima di indubbie attuali difficoltà del Governo, di provocare una parziale distrazione della pubblica opinione, con la duplice leva del patriottismo di partito e quello nazionale.

Se tale interpretazione sia fondata, nessuno può sapere, ma la realtà del quadro economico tedesco corrisponde a dati di fatto difficilmente contestabili.

Il saldo delle partite correnti, fra Germania e resto del mondo, registra infatti il suo surplus più recente, nell'ammontare di oltre trecento miliardi: cifra che rappresenta circa il 10% del suo reddito nazionale (Federico Fubini, Corsera, 25 settembre u.s.) e quindi superiore al succitato 6%, limite massimo, oltre il quale (Maastricht), è richiesto il suo reinvestimento produttivo.

Anche a prescindere dalla riluttanza dell'economia tedesca di reinvestire l'ultimo surplus, come i precedenti di analogo tenore, è difficile misconoscere la solidità della contestazione del nostro Governo.

Con tuttavia una essenziale motivazione aggiuntiva a quella della speculare rivendicazione del Governo italiano di una maggior flessibilità nei suoi conti.

E' presumibile che Renzi non abbia mai intuito, come peraltro molti altri esponenti politici, che il peccato originale dei guai monetari italiani sta nell'assurdo meccanismo di conversione della lira con l'euro e nelle incalcolabili, rovinose conseguenze, tuttora persistenti, che derivarono al potere d'acquisto della moneta italiana ed a parallelo vantaggio algebrico della moneta tedesca (vedi pagina "Perchè questo blog").

Ma Pier Carlo Padoan, suo ministro economico ed altri esperti del settore suoi collaboratori, invece sapevano, perché lo scrissero implicitamente e contemporaneamente alla decisione della conversione: come si evince con chiarezza dal loro libro "L'Euro, Moneta Europea, Moneta Mondiale" (Quaderni CEr, febbraio 1998).

Allora, tuttavia, tutti tacquero ed il silenzio incredibilmente permane.

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