Emergono, anche se del tutto separatamente, due complicati contenziosi fra Europa ed America, entrambi di grande rilevanza monetaria, formalmente circoscritta in un caso, e di ampiezza incalcolabile,nel secondo caso relativo ai futuri rapporti commerciali di quasi tutti i paesi dell'economia occidentale, Europa ed Usa, in massima parte.
Il primo caso, in base al freschissimo comunicato della Commissione europea, ci informa che la Apple, celeberrima società informatica californiana e massima contribuente Usa, ha potuto beneficiare illegittimamente di aiuti dello Stato irlandese, per un ammontare complessivo di 13 miliardi di euro, più relativi interessi.
Tale somma scaturiva da una generosissima tassazione agevolata vigente in Irlanda, gradualmente discesa dal 1% (del 2003) sull'utile allo 0,005% (del 2014), sulla cui base la Apple (unica società a fruire di tale trattamento) riusciva a far transitare tutto il fatturato complessivo europeo.
La somma citata di 13 miliardi, secondo l'istanza rivendicata dalla Commissione europea (respinta dalla Apple e non condivisa dal Tesoro americano) dovrebbe essere suddivisa tra i vari paesi in proporzione ai rispettivi volumi di attività rispettivamente in essi esercitata dalla società californiana.
Meritevole di attenzione aggiuntiva, nel quadro dell'unione politica di cui la Commissione europea è espressione, di fronte alla menzionata ipotesi dell'amministratore Tim Cook, della Apple, di recedere da ogni iniziativa in terra irlandese, il Governo irlandese è chiaramente diviso, incerto su ogni ipotizzabile intervento.
A prescindere dal torto o dalla ragione dei tre punti vista identificabili nell'Ue, nella Apple, e nel governo irlandese, il nodo cruciale sta nel quesito: qual'è e dove si conclude il limite della sovranità di un paese (Irlanda, nella fattispecie) nell'ambito di una unione politica, di cui è membro?
Casualmente, in questi stessi giorni, pur sotto traccia o del tutto ufficiosamente, su dichiarazioni parziali e illazioni giornalistiche, devesi registrare una fase accentuata di ripensamento dei paesi dell'Ue, sul Ttip (libero scambio area atlantica, specificamente con gli Usa) quanto meno di un periodo di tempo che possa superare l'anno in corso.
Tale trattato di libero scambio ha infatti una chiave di lettura che incide sulla sovranità dei paesi (sia europei, sia transatlantici) che ne entreranno a far parte, ma soprattutto ipotizza la costituzione di organismi stragiudiziali, dotati del potere di portare in giudizio, con sentenze cogenti, singolarmente od in gruppo, i governi degli stati aderenti.
Il rischio potenziale di abusi di potere di tali organismi, considerando altresì che i rapporti commerciali dei paesi aderenti al trattato ammontano alla metà dell'intero volume degli scambi mondiali, è evidente a tutti.
Derubricare, nel primo come, ancor più, nel secondo dei casi esaminati, la sovranità degli stati, così come tradizionalmente e democraticamente emersi dal grado di civiltà raggiunto, è una operazione che non può essere lasciata alle scelte dei governi, senza un dibattito politico ampio ed aperto alle opinioni pubbliche di tutto il mondo occidentale.
A maggior ragione ciò valga per l'Unione europea, il cui percorso è già troppo contaminato da scelte che contraddicono il manifesto di Ventotene, all'immagine dei cui storici autori, pochi giorni or sono, i capi di governo di Germania, Francia ed Italia, non certo ipocritamente e pubblicamente, hanno deposto, con deferenza, un simbolico omaggio floreale.
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