venerdì 18 novembre 2016

"Il Debito, cattivo Maestro" (Ferruccio de Bortoli): un errore lessicale

Come recita il sotto titolo esplicativo dell'editoriale di Ferruccio de Bortoli (Corsera, 16 novembre), "il Debito Pubblico del nostro paese è un cattivo maestro".

Lo dimostra, argomenta F.de Bortoli, la passività della classe politica italiana, inerte davanti alla tendenza pluriennale dei conti attinenti al debito nazionale, e indifferente di una necessaria presa d'atto per l'impostazione di una indispensabile politica correttiva.

Il limite di insostenibilità, ci sentiamo di aggiungere, è infatti già stato raggiunto da tempo ed anzi ampiamente superato, senza particolari visibili reazioni da parte di coloro a cui competerebbe il farlo.

E' presumibile che titolo e sotto titolo dell'editoriale non sia stato una scelta dell'autore, dei cui articoli è infatti abituale compiacersi per fondatezza dei presupposti e del chiaro argomentare.

Il debito pubblico italiano, infatti, già da tempo è stato, al contrario, per chi voleva leggerlo, un termometro fedele del costante peggioramento dell'andamento economico complessivo.

E' assai più corretto intestare quindi la gravità della crisi in del paese, ai politici ed ai loro rinomati consulenti, che non hanno saputo capire, o hanno ritenuto più comodo ignorare, l'eloquente linguaggio di tutti i nostri conti pubblici più significativi.      

In modo specifico, nessuno ha inteso rendersi conto che il nostro paese può sopravvivere e non soggiacere, solo perché i nostri partner europei trovano molto più conveniente tenerlo in una condizione di sottomissione costante: appunto per l'astronomica elevatezza delle cifre del debito pubblico.

L'Italia è derubricata di fatto a paese di servizio, con i vincoli cui siamo stati costretti, sotto incombente ricatto, più o (sempre) meno amabilmente formulato.

A cominciare dall'archiviazione istituzionale di parte cospicua della sovranità nazionale e, in prosecuzione, aggravata dal patto di conversione della lira applicato come esproprio leonino, tuttora vigente, del nostro potere d'acquisto e poi completato dal Fiscal Compact e dal "Bail in".

L'avere omesso di denunciare questi fatali elementi, nei tre lustri trascorsi dalla fondazione della moneta unica, è semmai una storica carenza di tutta la nostra classe dirigente, mondo mediatico tutto largamente incluso.

Non è il debito ad essere cattivo maestro, ma cattivi e, talvolta, pavidi e conniventi, sono semmai tutti coloro che ne sono stati e sono tuttora i suoi istituzionali discepoli.    

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