giovedì 3 novembre 2016

Ipotesi interpretative di vecchie e nuove strategie dell'attuale fase monetaria globale: 3) il dissolvimento del "Bric" e la fine del "gold exchange standard"

Esiste oggi una bussola per comprendere i criteri strategici che guidano la politica monetaria dei paesi riconducibili storicamente alla tradizione dell'economia capitalistica ?

No, ci sembra legittimo affermare, e nemmeno esiste una chiave interpretativa che riesca a spiegare né tecnicamente, né ideologicamente, le scelte monetarie di tutti i paesi economicamente più influenti.

Si può tuttavia ritenere che esistono, in campo monetario, sorprendenti analogie di comportamento di paesi di primaria importanza, a prescindere dalla rispettiva appartenenza di origine ad un tipo di economia capitalistica oppure ad impronta economica statalista.

Possiamo addirittura elencare, fra le seconde summenzionate, la più importante fra esse, notoriamente rappresentata dalla Repubblica comunista cinese, appunto qualificabile come regime economico e monetario ad alto grado di spregiudicatezza: specie se comparato al più inesplorabile quadro della politica monetaria russa, per molti versi catalogabile, storicamente, come sua vicina parente.

Nel confronto fra le due economie, non è peregrino insinuare una chiave di interpretazione nettamente diversa, pur nella constatata comune caratterizzazione di paesi entrambi di storica eredità comunista.

La Cina, senza apparenti rivalità interne all'oligarchia del potere centrale, ha scelto da circa due decenni una linea di sviluppo di penetrazione finanziaria e commerciale a livello globale.

Dopo la disgregazione dell'Urss (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche) e ed il periodo di transizione di Gorbaciov e di Eltsin - la Russia, sotto la leadership, ormai consolidata dal suo terzo mandato, di Vladimir Putin, persegue invece una distinta linea di riconquista e di riaffermazione, di immagine e di ruolo, di primaria potenza mondiale, politica e militare.

Entrambi i paesi assecondano quindi una propria specifica peculiarità.

La Cina, non particolarmente ricca di risorse naturali fondamentali (petrolio e minerali di base) da tempo ha perseguito e persegue, su base concorrenziale di basso costo della manodopera, una raffinata e duttile politica commerciale a livello planetario.

Una assai redditizia impostazione commerciale, quella cinese che, ad ogni apparenza, implica il consolidamento dei rapporti politici con le economie, di basso (Asia ed Africa) come di alto (Europa) grado di sviluppo, quali che siano le stimmate ideologiche dei rispettivi paesi.            

La Russia, al contrario, forte della grande disponibilità di risorse naturali, sia nelle fonti energetiche come in molti importanti comparti minerali, ha scelto invece una temeraria politica estera, in tutti i quadranti mondiali, nell'evidente obiettivo, già sopra sottolineato, di riconquistare un ruolo mondiale di prima grandezza.

- Il dissolvimento del Bric -

In modo avulso da ogni considerazione di giudizio politico né tanto meno influenzato da antipatia o simpatia ideologica,  è opportuno ricordare che Cina e Russia, facevano parte del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) identificabile appunto, in positivo, come il gruppo di paesi che poco più di un lustro addietro, erano considerati su scala mondiale come i paesi in fase precipua di crescente sviluppo.

Fu una valutazione inesatta, sia in termini di valutazione comparata dei quattro paesi, sia nel rapporto reciproco sia nel rapporto di ciascuno di essi con il resto del mondo.

Furono infatti usati termini troppo ottimistici ed eccessivi per il Brasile, paese ricchissimo ma incapace (o forse condizionato) politicamente di una autonoma strategia di sviluppo interno ed estero.

Termini sicuramente più incerti per l'India, tranne per alcuni traguardi prestigiosi di alcune sue individualità imprenditoriali e capitaliste, efficacissime nel fruire del basso costo della manodopera ma anche beneficiati da accorte iniziative nella politica di ricerca tecnico scientifica, facilitata da decine di migliaia di ingegneri e fisici sfornati ogni anno dalle Università indiane.

Con una politica monetaria, è bene aggiungere, concentrata essenzialmente su un mercato interno di oltre un miliardo di consumatori, anche se con una capacità media di acquisto a livello individuale che da rilevazioni statistiche aggiornate al 2014 era inferiore del 50 % a quella americana ed europea.

E' comunque doverosa una riflessione che colloca, sempre più, Cina e Russia (ed in aggiunta l'India, almeno in prospettiva), seppur separatamente, ormai in grado di rappresentare una rispettiva forza economica ma, potenzialmente, anche monetaria.

Salvo il traguardo, difficilmente raggiungibile, del livello e della qualità del benessere (forse nemmeno particolarmente perseguiti), entrambi i due colossi asiatici pareggiano e sono in grado di superare i due capisaldi occidentali della storia del secondo dopoguerra mondiale: l'Europa, compreso il Regno unito, e soprattutto gli Stati Uniti d'America.

L'inesattezza, e l'insufficienza della valutazione complessiva del gruppo del Bric scaturiva precisamente dalla visione globale prevalente, ma statica, dell'opinione pubblica sul lento ma progressivo declino del ruolo di primazia mondiale degli Stati Uniti.

Una diagnosi allignata precisamente nell'inconscio di molte valutazioni occidentali, aduse a compiacersi del vantaggio di una collaudata (e permanente) primazia americana nella funzione di insostituibile sentinella dello storico assetto dei tempi della guerra fredda.

Cioè una illusione che la caduta del muro di Berlino ed il conseguente diffondersi dell'aforisma della "fine della Storia della civiltà umana" (copy right del politologo intellettuale statunitense Francis Fukuyama), avevano momentaneamente alimentato, ma che fu successivamente smentita dal susseguirsi di imprevisti e decisivi eventi in ogni parte del globo.

- La fine del "Gold exchange standard"-

Come la spettacolare progressione cinese abbia potuto evolversi e, a dispetto della crisi economica globale, riesca a mantenere una navigazione di altura, può essere spiegato anche dalla robustezza del suo Yuan (o Renminby, "moneta del popolo", dal secondo nome significativamente battezzata).

E come sia riuscito a riemergere da parte sua anche la Russia post sovietica, è parimenti giustificato con il ricorso a spiegazioni che coinvolgono la forza del suo Rublo.

Ma Yuan e Rublo hanno forse trovato una fondamentale strategia di comportamento identificabile in una applicazione imitativa o speculare dell'esperienza di politica economica occidentale deducibile storicamente da eventi monetari meritevoli di essere adeguatamente considerati.

Alludiamo a decisioni, assunte dal Governo Usa, di dare uno scossone definitivo agli accordi elaborati nei primi sette mesi del 1944, da una assemblea rappresentativa di 44 Stati che facevano parte dell'alleanza contro il nazifascismo e l'imperialismo giapponese, e riunita precisamente a Bretton Woods, località del New Hampshire (Usa).

Come è noto quegli accordi contemplarono il varo di istituzioni tuttora operanti sulla scena mondiale, cioè il Fondo monetario internazionale (acronimo Fmi) e dalla Banca mondiale degli investimenti.

Ma a Bretton Woods fu soprattutto stabilita l'egemonia mondiale del dollaro, basandola formalmente sull'impegno degli Stati Uniti di corrispondere ai possessori di dollari che lo richiedessero, di convertirli, secondo predeterminati coefficienti ("gold exchange standard), in una corrispondente quantità di metallo aureo (raccolta e tesaurizzata nel celebre fortilizio di Fort Knox, Kentucky).

La supremazia assoluta dell'oro, la sua immutabile egemonia nei circa tre millenni trascorsi dall'abbandono del baratto e dall'invenzione del sistema monetario e del metallo giallo come suo insostituibile materiale rappresentativo era, anche dottrinalmente, un dogma indiscutibile per la stabilità stessa dell'equilibrio economico degli Stati, con garanzia statunitense.

Il tutto nel quadro di una complessa ed unitaria visione di rapporti mondiali basato sulla pace e di ripudio attivo di ogni ragione di guerra.

Bretton Woods era stata una riconferma di quel dogma, pur se piegato sull'altare della egemonia conquistata ormai incontrovertibilmente dagli Stati Uniti nella guerra contro il nazifascismo e l'imperialismo giapponese, che si sarebbe vittoriosamente conclusa un anno dopo.

La cancellazione, nel 1972, degli accordi di Bretton Woods parve una incredibile eresia e non pochi economisti ed alcuni governi, quello francese in primis, ritennero che la decisione assunta dagli Stati Uniti, fosse radicalmente sbagliata, perché contraddiceva gli stessi ideali da cui quegli accordi erano stati ispirati.

Sorprendentemente gli sviluppi economici successivi evidenziarono concretamente che la moneta, meglio la variabile quantità di moneta circolante, poteva essere governata senza provocare crisi e contraccolpi inflazionistici: anche puntando su ipotesi inflazionistiche generalizzate e compensative.

Si addivenne alla convinzione (ed anche ad un supplemento di grande attrazione per i grandi operatori della moneta) che le congiunture economiche sfavorevoli potevano essere affrontate con la semplice, e praticamente gratuita, stampa di carta moneta.

Solo sommessamente qualche studioso più serio e consapevole la definì, esprimendo mezza verità e mezza bugia, una moneta fiduciaria.

Mezza verità perché indubbiamente è vero che la moneta di un paese è sempre valutata in rapporto alla fiducia di cui gode il paese stesso, all'interno e soprattutto all'estero.

Ma anche mezza bugia perché di fatto il paese ma specie chi ne governa la finanza, è il primo ad ignorare, anzi a voler ignorare, le conseguenze, variamente distese nel tempo, dell'attraente comodo potere dello strumento in sue mani.

Conseguenze che trovano ampie ed irrimediabili difficoltà nell'ipotesi di accordi monetari con altri paesi, soprattutto se inquadrate in più ampie prospettive di unioni politiche (come purtroppo è vistosamente accaduto nell'esperienza europea).

Come tuttavia possiamo constatare, in questi ultimi 40 anni, la facilità di governo consentita appunto dalla "moneta fiduciaria", ha in varia misura contagiato la stragrande maggioranza dei paesi di tutti i regimi.

Anche i più forti e ricchi paesi di varia derivazione, di marca capitalista o di altri orientamenti, hanno scelto di imitare, con accorta gradualità, i metodi monetari occidentali.

Con o senza applicazioni di raffinati algoritmi di moda nelle economie occidentali (e con o senza l'illusione della loro perfezione), già da tempo, pur se difficilmente asseverabili su base documentale, la Russia e la Cina erano già da tempo allineate con presumibili analoghi orientamenti.


(continua ...)

Nessun commento:

Posta un commento