sabato 11 luglio 2015

Il referendum greco: l'eterogenesi dei fini

Il parlamento greco ha approvato a larga maggioranza il testo del piano di salvataggio, proposto dal governo e, a strettissimo giro, inoltrato all'organo competente europeo, il Consiglio dei capi di stato e di governo dell'Unione europea.

E' quasi generale previsione che, visto il contenuto del piano, addirittura più severo per l'economia greca dello stesso piano Juncker (respinto dal referendum greco), il nuovo documento otterrà il placet definitivo per la permanenza dello stato greco nell'area della moneta unica europea.

E' inevitabile chiedersi se fosse necessaria o inevitabile la perdita di tempo e di denaro, per i greci (e l'Europa tutta), affrontata per giungere ad un risultato analogo a quello della proposta finale della commissione europea, appena prima della celebrazione del referendum.      

Ed è parimenti difficile individuare quale coerenza si possa stabilire fra i presupposti del piano approvato con il pensiero autentico di Alexis Tsipras, reduce freschissimo dall'essersi profuso, poche ore prima al cospetto dell'euro parlamento, addirittura in dichiarazioni di illegittimità - nostro post dell'otto luglio - del processo medesimo di accumulazione storica del debito greco.

Fino al punto, per le indubbie contraddizioni dei due momenti, di incrinare la compattezza politica e parlamentare di Syriza, il suo partito.

La simultaneità pratica dei due momenti, del discorso e dell'elaborazione del piano, non possono essere spiegati che con azione consapevolmente calcolata, a fronte di due interlocutori distinti: il popolo greco ed il vertice europeo.  

Al primo, l'emozione del proprio orgoglio e la giustificazione del ricorso al referendum, al secondo (come all'opinione pubblica internazionale tutta) la dimostrazione di avere operato una scelta che solo il suo governo poteva compiere in un quadro di coesione politica e sociale della nazione greca.

Una tattica, tuttavia, che comporta fatalmente sequenza di fasi mai, tra loro, perfettamente compatibili né comunque pienamente consequenziali.

Forse, nel dibattito dell'euro parlamento seguito alle sue parole, il parlamentare del Pse, Gianni Pittella (dichiarando appunto la contestuale irrinunciabilità della Grecia e della validità esclusiva del piano Juncker) seppe cogliere compiutamente la tattica vincente del capo del governo greco.

O forse non è solo italiana la fondatezza dell'aforisma che recita che una politica di destra può essere applicata solo da un governo di sinistra.

Sempre che, lo vedremo già domani, anche il Consiglio dei capi di stato e di governo, decida di esprimere pareri e decisioni conformi a quello che le borse europee, il Fondo monetario internazionale e gli stessi Usa hanno concretamente fatto capire.

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