Ormai, per il risparmiatore tedesco, la Bce è recidivante, non solo sul piano di una politica monetaria a bassissimo tasso di interesse (e pertanto creatrice di focolai inflazionistici), ma della scelta, operativa da ieri, di acquistare obbligazioni delle aziende private.
Con una prima operazione di acquisto per circa 80 miliardi (nuovo ammontare mensile della tranche),
Francoforte ha fatto shopping di obbligazioni aziendali italiane (Telecom e Generali), spagnole (Telefonica), francesi (Renault ed Engie) e tedesche (Siemens e Rwe).
Come di consueto, negli alti ambienti della Finanza tedesca (Bundesbank compresa), l'operazione è stata vista con occhio sfavorevole ("Fa perdere fiducia nelle banche centrali") ma nulla è stato compiuto per impedirne l'esecuzione.
Nulla si conosce finora a quali condizioni, specificamente di tassi d'interesse e di periodo di ammortamento e tale circostanza pone interrogativi non semplici.
E' infatti legittimo chiedersi se, tale ampiezza di iniziativa della Bce, quali debbano essere le procedure contabili per la registrazione della fonte generatrice delle somme erogate (stampa di carta moneta?), per l'imputazione di eventuali morosità nella corresponsione delle quote di ammortamento da parte delle imprese finanziate.
Ma soprattutto emerge un interrogativo sullo sconfinamento delle competenze della Bce, in tema di politica industriale della Ue in senso lato.
In tale cornice, è stato invece reso noto il punto di vista della responsabile apicale della Vigilanza unica europea, la francese Daniele Nouy, in tema di stress test sugli istituti di credito europei per affermare che "il suo Ufficio non ammetterà applicazione di criteri valutativi senza accordo preventivo".
Il quadro complessivo, con venature non strettamente conformi all'omogeneità complessiva, non poteva mancare un nuovo richiamo dell'agenzia di rating Fitch alle banche italiane, a suo parere eccessivamente lente nell'opera di risanamento dei crediti deteriorati.
Senza dedurre da queste piccole, o grandi innovazioni, non appare del tutto insussistente il sospetto per cui il protrarsi continuo delle doglianze della Banca centrale tedesca, senza tuttavia prese di posizioni effettivamente ostative, nei confronti della Bce, non nasconda un preventivo mettersi al vento in eventuali scenari di crisi di tutta la zona euro.
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