Se fossero conformi a verità le dichiarazioni di Salvini, leader leghista (ultima trasmissione televisiva di Ballarò) sul numero di dipendenti (7.000 unità) ed il costo annuale (2 miliardi) di Bankitalia, sarebbe ancor più difficile sottacere un giudizio di profonda delusione sui contenuti essenziali della relazione annuale di Ignazio Visco, Governatore in carica.
Anche prescindendo da quelle dichiarazioni, tuttavia, non vogliamo esimerci dal far ricorso alle seguenti categorie di giudizio sulle tradizionali "considerazioni finali" del Governatore: superficialità di analisi, ovvietà di argomentazioni, indizi economici ottimistici viziati da chiare venature di opportunismo...
Ma soprattutto ci preme sottolineare l'assoluta carenza di autocritica, da parte del Governatore, per le vistose insufficienze delle responsabilità "in vigilando" della nostra Banca centrale, sul "modus operandi" del sistema bancario nazionale e, soprattutto, delle sue molteplici nuove e vecchie criticità.
Sono questi, in larga misura, gli essenziali e preoccupanti interrogativi sulla deontologia professionale di Bankitalia che assiste quasi silente da almeno due decenni, alla regressione economica del paese, malgrado tutto il potere simbolico che ancora possiede e di cui sono forse significativa sintesi i dati inizialmente sopra menzionati.
Dati che la definiscono centro di potere (dai confini e dai contenuti ormai incerti) ma tuttora fruitore, con larghissima ampiezza di risorse finanziarie ed umane, di un quotidiano monitoraggio, informativo e conoscitivo, di tutto il quadro centrale e periferico nazionale e istituzionalmente di quello europeo.
Il compiacimento del Governatore sulla prevedibile crescente attenuazione del bubbone maggiore del nostro mondo bancario (crediti in sofferenza per un ammontare complessivo dell'ordine di 200 miliardi) cui provvederà la concretezza del provvedimento costitutivo del Fondo Atlante (inferiore ad otto miliardi), appare inevitabilmente poco più di una aspirina, se invocata per fronteggiare una malattia grave.
Analogamente dicasi per la gratuità con cui Visco esprime approvazione per la politica di Draghi, presidente della Bce, specificamente concretatasi nel ricorso al "Quantitative easing", con l'aggiuntivo teorico prevedibile estendersi di nuovo credito a favore del mondo delle imprese.
Ma tace, il Governatore, sulla circostanza che il beneficio maggiore (quello dei tassi di interesse vicini allo zero) è finora rimasto confinato ai bilanci bancari, almeno in termini di liquidità, senza ridondanze benefiche nel tessuto complessivo dell'apparato produttivo.
Anche le doglianze manifestate nelle "Considerazioni finali"sul difficile rapporto con l'Ue restano appunto doglianze, rimanendo al di qua di una ipotesi che ponga sul tappeto un decorso ormai quindicennale di costante e visibile slittamento in uno stato di subalternità dell'economia italiana.
Subalternità determinata anche dal silenzio costante di Bankitalia, la prima che presumibilmente doveva accorgersi, ma non si accorse o scelse di tacere, sulla conversione della lira nella moneta unica, dalla espropriazione di potere d'acquisto che ne derivò ed ora da un bilancio della vicenda sella moneta unica che, per il nostro paese è manifestamente fallimentare.
Sempre Bankitalia tacque successivamente, con il Fiscal Compact, e pigramente mancò di segnalare le conseguenze del "bail in", con significativo comportamento di disinteresse per il piccolo (ed innocente) risparmiatore nazionale.
Si può fare di più, è l'esortazione delle "considerazioni finali", ed il rischio di una fatale discesa dei livelli occupativi, per il progressivo ed inevitabile processo di digitalizzazione amministrativa, è solo l'occasione per esaltare la ricerca della produttività e la crescita, dimenticandone i presupposti di una politica economica congruente.
Tanto, è noto, Bankitalia, potrà tranquillamente mantenere i suoi livelli occupativi e remunerativi, pur se derubricata, dopo la costituzione della Bce, a compiti assai meno impegnativi.
Esorta, il Governatore, ad abbandonare il mito del "piccolo è bello" e ad affrontare le opportune operazioni di fusione, ma tace sull'esiguità di risorse finanziarie del mercato italiano e le conseguenze ostative per iniziative di ampio respiro.
Gli elogi rivolti alle numerose imprese italiane che operano positivamente nei mercati internazionali, restano appunto solo elogi (forse illudendosi di ostentare, con questo, una modernità di visione) e parimenti le prospettive dell'apparato produttivo nazionale, secondo Visco, debbono provenire dalla riduzione del cuneo fiscale e dagli investimenti pubblici, secondo uno schema che affonda nei decenni molto addietro della nostra storia economica.
Continuiamo dunque a vedere, in Bankitalia, quella di sempre: concentrata sul mantenimento delle sue prerogative (sicurezza di lavoro e livelli retributivi) pur se ampiamente derubricata, dopo la costituzione della Bce, a compiti assai meno impegnativi ma, finora, con risultati tutt'altro che lusinghieri, nel suo paniere.
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