venerdì 24 giugno 2016

La scure della Brexit

Mentre meditiamo sull'esito del referendum britannico, in tempo reale ci vengono comunicati i dati dei listini di borsa mondiali, ultimi fra i quali (sono le ore 16 dell'orario italiano) i prezzi di apertura della borsa di Wall Street.

Listini tutti, fin dai primi del mattino, con la punta della freccia rivolta verticalmente al ribasso fino a livelli a due cifre, Italia compresa. .

Parallelamente crolla il cambio della sterlina britannica con tutte le altre monete.

Interpretiamola così: un evento di rottura politica (tale è in tutti i sensi il divorzio britannico dall'Unione europea) ha una immediata conseguenza economica di non facile interpretazione.

Potrebbe dedursi che il capitale di rischio colga nella separazione della Gran Bretagna (pur non aderendo alla moneta unica) dall'Unione europea, una ipotesi aggiuntiva di caduta netta di operatività commerciale e quindi di prodotto lordo, a livello mondiale.

Il sillogismo di cui sopra non è tuttavia per nulla convincente.

Può benissimo credersi che il referendum britannico, forse casualmente, forse strumentalmente, abbia agito come detonatore di uno stato d'animo di profondo disorientamento.

Stato d'animo che, nelle congiunture politiche e militari particolarmente delicate, è facilmente e proficuamente manovrabile dalla speculazione internazionale.  

E' comunque sorprendente osservare che il consenso all'ipotesi del Brexit, sia prevalentemente scaturito dalla aree economiche periferiche (sopratutto toccate dalla crisi industriale) specie se comparate alla città di Londra che invece ha espresso una votazione largamente orientata al suo rifiuto.

L'elettorato britannico si è comunque espresso in termini del tutto staccati dalla contabilità dei vantaggi e degli svantaggi che l'adesione all'Ue avrebbe procurato alla Gran Bretagna, secondo accordi già formalizzati, pochi mesi or sono, con la Commissione europea.

Il carattere politico del referendum è subito nettamente incarnato dalle dimissioni del premier David Cameron, a cui peraltro egli si rassegna appena noto il risultato (circa le 6 del mattino della notte dello spoglio) seppure non formalmente obbligato a tale decisione.

Ma è l'Unione europea che rischia di subire un prezzo d'immagine incalcolabile, le cui dimensioni potrebbero coinvolgere, per un effetto domino, una o più delle 27 nazioni che a questo punto ne fanno ancora parte.

Sottolineando che la Gran Bretagna possa paradossalmente subire il rinculo di una reiterazione del tentativo di separazione della Scozia (insofferente del suo coinvolgimento nella separazione dall'Europa), è lecito definire l'esito di questo referendum fonte di grande dispiacere.

Con la sola consolatoria ipotesi, possiamo congetturare,  che tutta la compagine europea si senta indotta ad un ripensamento delle modalità con cui, specie dopo la moneta unica, si sia inutilmente tentato di pervenire ad una qualsiasi forma accettabile di integrazione europea.

Ci sono infatti tutte le credenziali per porre il problema di una revisione complessiva di un progetto che sembra essere caratterizzato da indicibile insensatezza.

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