mercoledì 24 agosto 2016

Il vertice inutile di Ventotene: senza ricerca del tempo perduto

Molti quotidiani nostrani hanno scelto di sottolineare ampiamente un indubbio successo mediatico del vertice politico e navale dei rappresentanti dei tre paesi più importanti dell'Unione europea, Francia, Germania ed Italia del 22 agosto scorso.

Una valutazione condivisibile, se per mediatico intendiamo semplicemente una più viva attenzione e curiosità dell'opinione pubblica nazionale, anche per lo spettacolo suggestivo di una conferenza stampa dei tre uomini di stato, Renzi, Holland e Merkel, che esternano il loro pensiero sulla tolda della nave ammiraglia italiana G.Garibaldi, ancorata a pochissima distanza dall'isola di Ventotene.

Dal punto di vista dei risultati politici, al contrario, siamo sicuramente della stessa opinione già anticipata nei nostri post precedenti di ugual tema: cioè sull'inutilità politica del vertice stesso, non escludendo peraltro qualche punta di scontento che può essere derivata, al nostro paese, dagli altri paesi dell'Ue.

Esiste sicuramente una non infondata supposizione di un tentato auto inserimento nel direttorio europeo franco tedesco, facilitato dall'esito della Brexit, con l'uscita dall'Ue del Regno unito.

Ma a parte questo ed analoghi elementi addizionali, non emergono visibilmente concreti motivi per dichiararci soddisfatti di un qualsiasi passo migliorativo, anche sotto l'aspetto esclusivo delle istanze portate avanti assai da tempo dal nostro presidente del Consiglio, ed essenzialmente racchiuse nella istanza di flessibilità aggiuntiva, rispetto ai criteri di applicazione dei parametri di Maastricht.

La debolezza politica e tecnica della posizione italiana, non riuscirà mai a migliorare la propria debolezza di paese a più alto grado di indebitamento, per l'ovvia ragione che un tasso più elevato di flessibilità si traduce, per una beneficio momentaneo, in un sostanziale aumento del debito ed in   processo tendenziale ad una posizione irreversibile di default.

E' vero che Matteo Renzi è forse l'unico dei presidenti del Consiglio a non essere personalmente responsabile di tutta la politica economica e monetaria, che l'Italia ha portato avanti dal !998 in poi.

Ma la sua responsabilità (e quella dei suoi attuali collaboratori) sta appunto nell'incapacità di capire che il peccato originale (poi aggravato da provvedimenti successivi, il Fiscal Compact ed il "Bail in") risiede esattamente nel meccanismo di conversione della lira.

Nel suo romanzo "A la recherche du temps perdu" ("Alla ricerca del tempo perduto"), Marcel Proust modifica l'interpretazione iniziale del suo passato, (prima identificato negli aspetti mondani ed individuali, ma angusti) e lo rivede (grandiosamente) alla luce di eventi umani molto più ampi e drammatici ma soprattutto profondamente distaccati dagli ambiti ristretti della sfera personale.

E' la metafora letteraria che, quanto meno, potrebbe aiutarci a capire come, almeno per il futuro, sarebbe fecondo il ridisegnare il nostro futuro, liberandoci di tutta la zavorra moltiplicatrice di uno storico errore (od altrui inganno) compiuto nel 1998, con la conversione della nostra lira.    

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