sabato 27 agosto 2016

Il rispetto della vita ed il consumo del territorio

Fra i molti che, a Roma, hanno avvertito le oscillazioni del terreno propagate dal primo collasso sismico della notte del 24 agosto, ho sperimentato l'acutezza del pericolo ed insieme la totale incertezza sul modo di affrontarlo.

Fra gli eventi naturali e le conseguenze del loro verificarsi, il terremoto, nella preistoria, non era presumibilmente guardato come un fenomeno, forse spaventoso, ma non altamente distruttivo, nell'immagine di una umanità che viveva in capanne o in caverne.    

La sua minaccia è accresciuta nei riguardi dell'uomo dal momento che l'uomo ha concepito, per sé stesso, dimore e luoghi di incontro sociale, utilizzando materiale variamente disponibile su fondamenta i cui equilibri erano variamente compromessi dal tremito improvviso del terreno.

Nei secoli, l'uomo ha tuttavia imparato a conoscere il fenomeno sismico e, soprattutto, le leggi geologiche che lo rendono prevenibile anche se non prevedibile.

Era fatale che il fenomeno tragico del terremoto sia divenuto tanto più distruttivo con il crescere degli agglomerati abitativi e delle grandi conurbazioni.

Alcuni paesi, particolarmente esposti a tali eventi, da tempo hanno adottato tecniche costruttive in grado di eliminarne o quanto meno di ridurne la vulnerabilità.

L'Italia non è fra questi, nonostante sia nel novero di paesi ad elevato rischio sismico.

Ormai non esistono margini di incertezza sul da farsi: la nostra capacità di intervento pubblico deve elencare come esigenza prioritaria la difesa sismica anche, se non soprattutto, a garanzia delle costruzioni esistenti.  

Per rispetto della vita di tutti noi, anzitutto, ma anche per la parallela necessità di risparmio del territorio, la cui dissipazione ha insensatamente caratterizzato gli ultimi decenni del nostro procedere economico.

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